martedì 6 dicembre 2011

Coltelli.

  La differenza tra l'ultimo anno del liceo e i 4 anni di liceo prima dell'ultimo è che, se fai qualche stronzata o qualche leggerezza come un'assenza collettiva, nei primi 4 anni i professori ti cazziano e dicono che sei uno scioperato, all'ultimo anno sei in qualche modo giustificato. "Ah, vabbè, è all'ultimo anno...". Un'altra differenza sono le ore di orientamento a cui ogni studente ha diritto.


  In sostanza, se un giorno hai voglia di darti una ripassata, puoi andare dove vuoi, basta che porti un certificato di partecipazione ad un incontro sull'orientamento per la scelta universitaria e nessuno avrà niente da ridire. Tutto questo giochino per un massimo di 15 (quindici) ore di assenza. Ovviamente, se uno è una persona seria, userà queste ore per qualcosa di utile e veramente produttivo. Io ci provo, nonostante non abbia bisogno di un granchè di orientamento. Infatti, l'altro giorno ho incontrato con i miei compagni di classe uno strano tipo di cui non vi posso dire il nome.


  Tale tipo, giovane e in giacca e cravatta, presentava un progetto (di cui non posso fare il nome) per stimolare i giovani allo studio di tecniche di memorizzazione straordinarie e fantastiche che possono farti studiare le cose in poco tempo, e anche darti la laurea senza troppi intoppi nello studio, con bacio accademico, caffè con il professore e cenetta con l'assistente del professore.


  Quante volte abbiamo sprecato tempo a studiare pallose pagine di filosofia, di storia e di latino, sognando di poter finire in un istante? Quante volte avremmo voluto avere più tempo a pomeriggio per vedere un filmetto/uscire con la fidanzata/farci una doccia? Ebbene, lui sapeva come fare a realizzare tutto questo.


  Per dimostrare le sue doti taumaturgiche, dopo una bella presentazione, dimostra di saper imparare a memoria in 25 secondi e 10 decimi (ne sono sicuro, l'ho cronometrato io) una serie di cifre utilizzando un metodo inventato da Leibniz. Notevole, davvero notevole, sono rimasto sbalordito.


  Poi, con aria da Yes Man, ha fatto imparare anche a noi una serie di parole senza senso utilizzando un metodo assurdo. Ci ha costruito sopra una storia stupidissima e ce l'ha recitata ad alta voce, mentre stavamo tutti ad occhi chiusi ad ascoltarlo raccontare. Ed era incredibile, un momento dopo le sapevo tutte a memoria. E se adesso me le chiedete, io ve le so dire tutte in ordine, anche a più o meno 2 settimane di distanza, ve lo giuro.


  Finiti i fenomeni da baraccone, di colpo è diventato più serio e ha sfoderato la sua arma segreta e le sue vere intenzioni. Telecomandino per I-netbook alla mano, caccia tabelloni e grafici a torta e lingue di gatto, tutti colorati, in cui si mettevano a confronto le caratteristiche degli studenti italiani con quelli dell'Unione Europea.


  In sostanza, ha detto che gli italiani sono scioperati di loro, che pochi ragazzi dopo la scuola continuano gli studi, che di questi solo pochissimi si laureano senza problemi e che la restante parte si laurea fuori corso. Tutti i pochissimi sono geni, noi probabilmente non siamo dei geni, dunque usciremo tutti fuori corso. Però, se seguiamo un corso tenuto da lui ad un modico prezzo non meglio precisato, allora possiamo laurearci coi suoi giochi di prestigio, in poco tempo e senza problemi di fuori corso. E soprattutto ci prepariamo l'interrogazione su Hegel in mezz'ora.


  Perchè noi giovani utilizziamo i soldi solo per le Hogan e per le cose stupide, per i film di De Sica e per le caramelle di Lupo Alberto (anche se a me fanno schifo), quindi, una volta tanto, dovremmo dare i soldi a lui per farci insegnare ad imparare le cose a memoria e a cuocere gli spaghetti con l'imposizione delle mani. Sennò andremo tutti a laurearci fuori corso e a vivere con i procioni.


  In sostanza, ha fatto dimostrazioni sicuramente efficaci di metodi davvero funzionanti (posso dirlo io stesso) per poter ridurre un po' di tempo dedicato allo studio, utilizzando però la classica tecnica delle televendite.


  Pensa alla televendita coltelli miracolosi. Quante volte abbiamo provato a tagliare il pane? Il pesce? La carne? Quante volte abbiamo fatto a brandelli tutte queste cose con i tradizionali coltelli da cucina (immagini in bianco e nero di cibo maciullato da coltelli tradizionali). Ma la soluzione è proprio lì. Basta chiamare per prenotare subito i coltelli delle meraviglie, per fare fette perfette, di qualunque cosa (immagini felici di persone felici che si mettono a giornata ad affettare qualunque cosa gli capiti sotto mano). E il prezzo è pure basso. Basta chiamare, chiamare e prenotare, prenotare il più facile accesso alla felicità.


  Lo schema è sempre quello. Prima di tutto, presentare un problema comune a tutti. Poi, presentarne tutti gli svantaggi. Aumentare il problema, instillare preoccupazione, far sentire quasi in colpa. Poi, punto forte, presentarsi con una soluzione, qualcosa di miracoloso che solo eccezionalmente, solo per noi costa pochissimo. Perchè altrimenti saremo tristi, altrimenti continueremo a vivere e a comportarci nella mediocrità.


  Ecco, qualunque sia l'intenzione di una persona, qualunque sia la qualità del prodotto che sta presentando, ecco, se la mette in questo modo, io non mi fido. Se fa tutto questo per manipolare magari qualcuno che a scuola non va molto bene, che vorrebbe andare meglio ma non ce la fa nonostante tutti gli sforzi, che è stressato e che si sente in colpa, una persona di questo genere non ha bisogno nemmeno della laurea per fare una cosa così. Lui era laureato, lui magari aveva buone credenziali, buoni propositi, un buon metodo e cose buone. Ma a mio parere questo è decisamente gioco sporco.


  Io stesso sono stato molto scettico fin dall'inizio ma, anche rendendomi conto di questo meccanismo, le sue parole erano entrate così tanto nella mia mente che, mentre studiavo per il giorno dopo, me lo sentivo dire: "ma è tutto inutile...la soluzione sono io.", "ti dimenticherai tutto, andrai male, col mio metodo prendi tutti 10...", "ti prenderai la laurea fuori corso, non ce la farai...", e mi distraevo, e mi veniva la rabbia perchè sapevo che non poteva essere vero e perchè mi sentivo manipolato.


  Poi ho trovato la soluzione. Poi mi sono messo a pensare, "ma i miei genitori come hanno fatto a laurearsi tutti e due senza uscire fuori corso e tutti e due senza il suo miracolo?". E così la soluzione, l'unico vero prodotto per la felicità: tutti i grandi, o comunque buona parte, io ne sono sicuro, ce l'hanno fatta senza di lui. Sono assolutamente convinto che in questi casi basta solo un po' di buona volontà, solo un po' di grinta e si possono cambiare tantissime cose. Senza nemmeno spendere soldi, ognuno di noi può farcela da solo, può trovare tutto dentro di sé, anche il più sfiduciato e il più depresso. Tutti quanti abbiamo i mezzi per potercela fare, basta solo saperli trovare.


  Tutti quanti possiamo essere felici, anche se abbiamo dei coltelli di merda.

sabato 3 dicembre 2011

Adolescenza.

  Dopo un notevolissimo e profondo calo di ispirazione, spinto da un mio ex compagno delle medie, mi sono messo alla prova cercando di scrivere un testo per una canzone.

  E' successo che ieri sera mi sono messo e mi è uscita fuori questa cosa in un quarto d'ora, tutto di getto. Sento che è una canzone rock, le note non ce l'ho (e non ce n'avrò visto che non me ne intendo), ma le dita e la penna si. 

  Chiedo scusa a tutti i miei lettori, fissi e non, costanti e passeggeri, ma quando non ho ispirazione mi escono mezze schifezze, tipo gli articoli di tv sorrisi e canzoni. Niente contro tv sorrisi e canzoni. Anzi si, tutto contro quel giornale di merda.

  Un ringraziamento speciale a Francesco, grazie al quale mi è uscita questa roba/ccia. Giudicate liberamente.

ADOLESCENZA di UnClown.
Sapevi cosa avrebbe comportato
Quel desiderio di una scelta liberata
Troppo giovane per capire,
troppo giovane per decidere di sorridere.

Incazzato col mondo ed una società
Che non rispecchia la tua vera identità
Troppa moda, troppe scelte già fatte
Tu volevi soltanto liberare la tua rabbia.

R. Adolescenza
Pulsante e profumata, grondante di sangue
E di una tempesta non ancora cominciata,
giovane ribelle, giovane arrabbiato
il tuo fiore è vivo prima ancora di essere nato.

Nella tua grondante lucida confusione
Decidevi di fare ogni cosa fuori dalla convenzione
Troppa moda del ribelle, troppa trasgressione
L’ordine e l’obbedienza sono la tua ribellione.

E bruciavi ogni istante, ogni momento,
di rabbia e sudore, un gabbiano controvento
e ogni cosa da te si allontanava,
come la riva da una nave che non si può fermare.

R. Adolescenza
Pulsante e profumata, grondante di sangue
E di una tempesta non ancora cominciata,
giovane ribelle, giovane arrabbiato
il tuo fiore è vivo prima ancora di essere nato.


Cambi idea proprio sul più bello,
troppa rabbia non fa mai del bene
la tua testa però non hai cambiato,
la tua testa fumante hai solo rinfrescato.

Misto tra forza, aria ed un respiro
Quando quella pioggia fresca ti bagnava il viso
Correvi forte ed eri già cresciuto
Tra due braccia forti che ti avevano abbracciato.

R. Adolescenza
Pulsante e profumata, grondante di sangue
E di una tempesta non ancora cominciata,
giovane ribelle, giovane arrabbiato
il tuo fiore è vivo prima ancora di essere nato.


Adolescente, dopo tanta rabbia sei cambiato
Ti è bastato poco, solo un po’ di sfogo
E ritrovare quella cosa che avevi dimenticato
Sulle labbra un sorriso e vaffanculo il resto.

martedì 15 novembre 2011

Paese.

   Vivo in un paese. Quando sei bambino, nel paese ci vivi. Il paese ti piace e ti sta simpatico in fondo, perchè ha la scuola materna, perchè nel paese hai gli amichetti. Una volta finite le materne, devi fare le elementari. Se ti conviene fare le elementari in città piuttosto che in paese (sia per motivi di trasporto che per il fatto che la città è obiettivamente migliore del paese quanto a servizi), nei 5 anni di scuola elementare, inizi a sentire il clima di città, il fatto che in città si vive meglio, il fatto che gli amichetti che vivono in città escono di casa e trovano sempre qualcosa da fare.

   Così, in questa fase, cerchi di trovare qualcosa di buono nel tuo paese. Esci con la bici, vai in campagna con gli altri amichetti, di domenica a messa, sabato sera in piazza. Poi arriva il momento critico, la domenica mattina di primavera, dopo un anno di uscite quasi quotidiane, apri il garage, prendi la bici, chiudi il garage, sali sulla bici, metti il piede sul pedale e ti chiedi cosa diavolo stai facendo lì. Dove stai andando. Perchè stai andando. Cosa c'è da andare, cosa c'è di bello da fare. Allora non ci pensi, metti da parte la cosa come ogni brutto pensiero, ma pedalata dopo pedalata, isolato dopo isolato, ti rendi conto di quanto il paese sia scarno, povero, vuoto.


   Così vorresti scappare dal paese, così cerchi di avere rapporti e vita sociale solo in città: scuole medie in città, sport in città, uscite serali in città, amici in città, nemici in città, baretto in città, tutto quello che ti fa divertire lo trovi tutto in città e chiudi i tuoi rapporti con il paese. E' la scelta più intelligente, più automatica che puoi fare quando ti rendi conto di questo, quando senti di non avere niente a che dividere con il paese. In paese ci stai solo per mangiare e dormire, vivi in città. E più lo fai, più rapporti hai con la città, meno senti il vuoto del paese.


   E quando qualche sabato sera non puoi andare in città con gli amici, ti affacci alla finestra e ridi del paese addormentato, del vuoto del paese e delle tue ambizioni di qualche anno prima, di quelle che nel paese sono pure velleità. E se ti chiedono dove vivi, tu non dici di vivere nel paese, ma nella città, perchè non senti di essere abitante del paese, ma abitante della città a tutti gli effetti.


   Anzi, certe volte sei pure disposto a smentirti e a dire che in realtà abiti in paese, ma che nel tuo paese non c'è proprio niente, che è un dormitorio di una caserma abbandonata, sei disposto a parlare solo del peggio che c'è nel tuo paese. Tutto questo non per cattiveria, chiaramente, ma perchè sono proprio gli aspetti negativi del paese che hanno dato forma ai tuoi sentimenti positivi, forti, felici nella città e fuori dal paese.


   Crescendo, però, ti accorgi di un'ultima cosa. Ti accorgi che sebbene dici di vivere in città, in realtà ti trovi pur sempre nel paese. Non potrai trovare tutto ciò che vuoi sotto casa tua. Non potrai fare con i tuoi amici di città tutto quello che loro fanno, andare al cinema in settimana, al teatro in settimana, al centro a pomeriggio, a prendere un caffè respirando il grande centro storico, a camminare sui marciapiedi e a respirare la città ogni volta che vuoi.


   Ti accorgi che, in realtà, del paese non ti sei mai liberato, che il paese ti tiene legato alle sue mura spoglie delle 3 del pomeriggio, fredde d'inverno e bollenti d'estate, vuote di ogni significato. Ti tiene legato al silenzio tombale alle dieci di sera, rotto ogni tanto da uno scooter solitario, dal miagolio lontano di un gatto randagio, dall'ululato del cane nello spiazzo pieno di erbacce e vetri rotti vicino al campo sportivo.


   Anche quando sarai grande, anche quando andrai a vivere a Roma, Milano, Torino, Las Vegas, Rio, Baghdad, non potrai dimenticare il paese, il paese in cui hai dormito e da cui hai cercato di allontanarti, ci sarà sempre una catena a legarti al paese, e sarà il paese stesso a decidere quanta libertà avrai da lui e quando avrai libertà da lui.


   In tutta la tua vita, potrai fuggire dove vuoi finchè la tua catena ti darà spazio per farlo.

lunedì 7 novembre 2011

Scelte.

   Ogni bravo adolescente sa che la sua vita da adolescente lo metterà di fronte a delle scelte, scelte che non potrà evitare, scelte che lo segneranno nella sua vita. Come la scelta della scuola media, o la scelta della scuola superiore, anche se poi l'ultimo anno di scuola si accorgerà che in fondo erano solo scelte poco difficili da fare.


   Però, dopo la scelta della scuola media, ogni adolescente si accorge che dopotutto scegliere non è male. Scegliere è roba da grandi, scegliere significa essere autonomi. Così si diventa ribelli per scelta, si fuma per scelta, si corre per scelta, si fa sport per scelta e, perchè no, si studia per scelta. Anche se la sua vita da adolescente gli farà considerare ogni scelta come drammatica e traumatica, fa tutto parte del gioco dei grandi, del fare finta di essere grandi e di aver voglia di crescere.


   Si, gli adolescenti fanno tante scelte. Vaniglia o cacao. Margherita o würstel e patatine. Fragola o limone. Con l'aggiunta o senza. Anche se quest'ultima è una scelta evitabile. Ma ogni adolescente, come tutti gli adolescenti, si cerca la scelta. Cerca di trovare ogni possibilità di scegliere, di avere la situazione in mano, di avere il potere di farlo, il potere di scegliere.


   E i genitori li lasciano fare, i genitori spesso non se ne accorgono veramente, anche perchè spesso queste sono solo scelte innocue, non c'è niente di male nel farle e nel cercarsele. Anche se poi gli adolescenti si ritrovano in certe condizioni, in certe situazioni in cui non sanno scegliere, da grandi davvero.


   Il fatto è che per imparare a scegliere, nella vita di ognuno di noi ci dev'essere per forza un periodo in cui non si ha scelta. Un periodo in cui non puoi scegliere, un periodo in cui anche se piangi qualche volta la mamma il giocattolo non te lo compra. E anche se piangi, anche se lo vorresti, giocare con i giocattoli che hai già non è poi così male. Questo periodo esiste, si chiama infanzia. Il problema è che l'infanzia si è ridotta di molto ultimamente, ormai si è grandi subito, ormai si sceglie subito tutto quanto, anche senza avere idea, anche senza sapere o immaginare assolutamente nulla.


   Il fatto è che quando poi l'infanzia finisce davvero, quando ti rendi conto che non hai più possibilità di non avere scelta e iniziano davvero le scelte obbligate, quelle serie che devi fare tu e solo tu, allora ti manca. Allora ti chiedi come mai volevi crescere così in fretta, come mai avevi tanta fretta di diventare grande. E ti chiedi perchè l'hai fatto, perchè l'hai pensato, perchè non sei stato soltanto un po' più pigro.


   E mentre lo fai ti accorgi che sono le 22 e 02 e hai sprecato mezzo pomeriggio e mezza serata a pensare.

giovedì 3 novembre 2011

Diete.

   Una sera d'inverno succede che sei steso sul divano a vedere il tuo quiz preferito mentre prendi pezzo a pezzo le solite schifezze dalla busta che tieni in mano e le porti a macinare nella tua bocca a forma di pozzo luce. E ti piace. Finchè una sera non ti rendi conto che forse ne stai mangiando troppe, forse è colpa del quiz della sera, forse dovresti smettere. Così viene la sera dopo e non vuoi smettere, non tanto perchè quelle schifezze ti piacciono, ma perchè ti piace il quiz e ti piace mangiare in generale. E poi, una sera in più, non cambia niente.

   Poi un'altra sera, dopo un mese di solite sere e dopo che ti sei reso conto che quel quiz non cambia da sera a sera e lo vedi solo per ridere dei concorrenti che credono che un triangolo abbia infinite altezze, è come se ti guardassi dall'esterno e ti rendessi conto di quanto fai schifo, ecco. Sia perchè stai dando audience ad un programma di merda, sia perchè ti è uscita la pancia. Ecco, forse dovresti metterti a dieta.


   Da quel momento la svolta: domani dieta. E le giornate proseguono piene di svolte e di buoni propositi, domani dieta, domani smetto, domani vado a correre, domani palestra, domani studio. Domani. Il giorno più indefinito di tutti. E non sarebbe una cosa così grave rimandare certe cose a domani, se non per il fatto che c'è gente che rimanda a domani cose importanti come il fatto di lavarsi. Ce ne sono, sicuramente ce ne sono.


   Ad ogni modo ogni volta che ti poni un proposito, sei felice di averlo fatto. Una felicità che ti piace più di ogni altra cosa, quella felicità che ti toglie dalla testa le cose brutte che hai fatto nella giornata, le bugie che hai detto, il biglietto del bus che non hai pagato, la cartaccia che hai buttato a terra, la formica che hai trasformato in una macchia insignificante e tutte le cose che ti avrebbero tenuto occupato la mezz'ora prima di dormire. Ed è così bello addormentarsi in questo modo che da quel momento in tutte le giornate non fai che prometterti buoni propositi.


   Il fatto è che ci piace proprio la sensazione del buon proposito, così in realtà proprio non ci importa di eliminare la brutta abitudine, non è rilevante. L'importante è avere la botta di buoni propositi, tipo una volta ogni 1-2 mesi, per stare apposto una sera e per una settimana buona, poi lasciarsi succedere tutto quello che deve succedere di bene e di male e dopo 1-2 mesi essere apposto di nuovo.


   Ecco perchè è così facile fare il politico.
   

mercoledì 2 novembre 2011

Domande.

   Certi giorni pensi a tutto quello che ti sta capitando. Pensi soprattutto quando hai un periodo che non va, una serie di cose che proprio non vanno per il verso giusto e che vengono giù una dietro l'altra. Così pensi, pensi a quello che ti è capitato, quello che ti sta capitando, non tanto a quello che ti potrebbe capitare, e tra un boccone e l'altro di un pranzo veloce senza fame ti chiedi come mai ti stia capitando tutto questo.


   Come mai proprio oggi? Come mai tutto questo? Come mai proprio a me? Come mai non ho fame e sto mangiando come se ne avessi tantissima? Come mai non riesco più a ricordarmi cosa devo fare? Perchè?


   Soprattutto uno si chiede il perchè, il perchè di tutto questo. Cos'è che ha spinto tutto questo, qual'è lo scopo di ogni singolo istante di tutto questo e di tutto quello che è successo. Credo che sia proprio per questo che sono nate le religioni. Tradizioni ancestrali, racconti di gente che sicuramente aveva i nostri stessi problemi e che ha trovato la soluzione nella speranza in Dio e tutto il resto.


   Così sono tutte prove di Dio, messe da Dio stesso per farci capire quello che siamo e quello che non siamo, e quello che dovremmo essere, e cosa ci manca, e cosa non ci manca e tutto quello che dobbiamo fare? E che dobbiamo fare quello che dobbiamo fare perchè così avremo la grazia divina altrimenti bruciamo nelle fiamme dell'inferno? Oppure che tutto questo è una punizione divina e per togliercela di dosso dobbiamo bruciare 5 vacche bianche sulla collina dove il prato è più verde in un giorno di Sole che splende di luce buia?


   Che sia la Torah, la Bibbia, il Vangelo, il Kamasutra, la verità, l'unica verità è che non esistono prove certe. Che non puoi vedere nè Dio nè niente con i tuoi occhi e con la tua esperienza e non ha senso darlo per scontato.


   La risposta a qualunque domanda è che non ci sono risposte certe. La risposta al senso della vita è che non esiste il senso, unico e universale delle cose, la legge matematica che ti potrà dire qual'è il tuo destino e dove sia il bagno. La risposta è che non lo puoi sapere. E' inutile che te lo chiedi, o meglio, è inutile pretendere di trovare una risposta per tutto tutto quanto perchè non la troverai. E proprio quando crederai di averla trovata, crollerà tutto come un castello di carte e non riuscirai a dormire per le 3 settimane seguenti.

   Perchè non si accetta quello che si riceve? Perchè non si è sereni di fronte alle difficoltà e a tutto quello che ci presenta la vita? Perchè da una ricerca ci si aspetta per forza un risultato esauriente, esatto e preciso come un punto esclamativo?


   Per favore, per una volta, accettate il mistero. Chiedetevi tutto quello che volete, ricercate, ma se non ce la fate a darvi una risposta sensata, accettate il mistero e vivete con tutto quello che avete. Che alla fine, bene o male, passa tutto quanto.

   Anche se, forse forse, tutto questo è perchè proprio una settimana fa sono passato di proposito sotto una scala.

lunedì 31 ottobre 2011

A cazzo de cane.

   E' risaputo e confermato che il modo migliore di fare un lavoro è quello di utilizzare nel suo svolgimento meno forze possibili per ottenere un risultato maggiore possibile. Ultimamente, altre teorie hanno dimostrato che esiste anche un altro modo per fare un lavoro molto semplicemente. Il metodo è stato brevettato e il suo utilizzo ha raggiunto sin da subito livelli esponenziali. Sto chiaramente parlando del metodo "A cazzo de cane".

    Il metodo è stato ideato da un giovane anonimo impiegato di un'anonima grande catena di fast food. L'impiegato si occupava di preparare gli hamburger da servire ai clienti. Ogni volta ne preparava 7-8 da tenere da parte per le ordinazioni. In questo modo, quando un cliente arrivava, veniva subito servito senza aspettare troppo tempo, così come un qualunque cliente si aspetterebbe da un negozio di fast food.

    Nelle istruzioni e in quello che gli era stato ordinato, doveva preparare i panini sempre nello stesso modo: alla base la foglia di lattuga, poi due fette di pomodori, poi il pezzo di carne girato due volte nel suo stesso grasso e poi il formaggio. Seguì sempre queste istruzioni, finchè un giorno non si rese conto che cambiare l'ordine degli ingredienti non avrebbe cambiato assolutamente nulla al risultato finale. Così, iniziò a servire i panini con gli ingredienti tutti disposti in un modo diverso dall'altro. Il poveraccio non poteva trovare altro divertimento nel suo strabiliante ruolo di preparatore di panini.


   Dopo un po' di tempo, si rese conto che non sarebbe cambiato nulla al cliente se magari avesse tolto al panino una fetta di pomodoro, mezza foglia di lattuga o un'unghia di carne. In fondo, avrebbe ricevuto lo stesso la sua paga di preparatore di panini, il suo camice e il suo trattamento quasi umano. Anzi, avrebbe pure avuto modo di riempirsi un po' lo stomaco e di saltare il pranzo. Così fece. E ogni giorno, per lui andare al lavoro era una festa.


   Poi l'idea di brevettare il metodo. Un lampo di genio venuto sù nel momento in cui stava mandando giù un pezzo di carne. Stava svolgendo un lavoro a cazzo de cane, appunto, e questo non stava togliendo assolutamente nulla alla sua paga e al suo trattamento. Si presentò all'ufficio brevetti e la sua idea fu subito brevettata. Il lavoro svolto secondo il metodo "A cazzo de cane" si definisce come un lavoro compiuto con poche forze che comporta un guadagno di qualunque tipo e di qualunque misura il cui importo sia maggiore di zero.


   Così, la scienza, la tecnica, e tutti i campi del lavoro da quel giorno hanno iniziato ad usare il metodo "A cazzo de cane". Recentemente, alcuni matematici e fisici hanno cercato di trovare la legge alla base di questo meccanismo. Dopo 10 anni di faticati studi sperimentando in prima persona questo tipo di metodo, purtroppo non sono arrivati ad alcuna conclusione. Gli studi sono stati finanziati da un grande ente di ricerche su questi strani brevetti, il quale ne ha pubblicato gli esiti.


   In fondo, anche se non sono giunti ad una legge matematica, i ricercatori stessi sono diventati testimonianza del funzionamento di questo metodo: tutti quanti adesso vivono a Dubai, producono petrolio e mangiano caviale a colazione. Anche l'università in cui hanno ottenuto il diploma di laurea è diventata molto famosa: mai l'Università dello Stato di Bananas (che ha sin da subito creduto nel successo di questo metodo) aveva raggiunto un numero così grande di iscritti come nell'anno della pubblicazione degli studi sul metodo "A cazzo de cane". E anche l'ente di ricerche ne ha guadagnato.


   Così se dovete fare un lavoro e volete farlo in fretta e senza stancarvi troppo, fatelo "A cazzo de cane"! I vostri risultati saranno positivi e anche maggiori di quello che potreste aspettarvi!


   E il giovane impiegato del fast food? Ebbene si, anche lui si diverte a Dubai insieme ai ricercatori, si è sposato, ha fatto tanti figli e ha anche l'amante, secondo le indiscrezioni.
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Quest'articolo non ha intenzione di attaccare in alcun modo i ricercatori, i lavoratori, gli operai, i professori e tutte quelle persone che hanno lavorato sempre con le sole loro forze, con la loro determinazione e con la convinzione di restare nell'onestà e nel rispetto stesso del lavoro, sebbene per tutto questo non siano mai stati ricompensati adeguatamente.

sabato 29 ottobre 2011

Balene bianche.

   La vita è decisamente piena di problemi. Sembra proprio che non possiamo farne a meno. I problemi fanno parte di noi, come la farina fa parte della pizza e i peli fanno parte della pancia. E su nessuna delle due cose non possiamo fare proprio niente. E' così e basta. Non c'è altro da dire.


   Ci sono problemi di tutti i tipi. I problemi che riguardano i soldi, quelli che riguardano il rispetto, le relazioni personali, il lavoro, il sesso, il potere, il taglio dei capelli, l'olio sui pomodori. Tutte situazioni da cui dobbiamo sbrogliarci in qualche modo. O meglio, situazioni da cui dovremmo sentire il bisogno di sbrogliarci, visto che c'è anche gente che ha problemi che non ritiene che siano dei problemi, così se li porta dietro senza pensarci troppo. Ecco, gente che ha il vizio dell'omicidio, per esempio, e riguardo il quale non ha niente da obiettare. Anzi, gli piace pure.


   Ci piace risolvere i problemi. Ci piace giocare a scacchi con questo nemico che c'è ma non si vede, contro il problema di turno su cui scateniamo tutte le nostre forze. E quando lo sconfiggiamo, ci sentiamo prima di tutto realizzati. Quindi, ci piace avere problemi perchè ci piace risolverli e sentirci soddisfatti di noi stessi.


   Poi c'è un problema, almeno un problema che proprio non vuole andare via. E' uno di quei problemi che combatti con forza, quel problema che poi sparisce, ti fa sentire realizzato per poi ripresentarsi sotto la stessa forma. Così sei costretto a ripetere il processo, ogni volta senti di averlo sconfitto una volta per tutte, in realtà hai sempre dimenticato qualcosa, proprio quella cosa che era alla base del problema e di cui ti sei dimenticato di occuparti. Quando sta per ritornare, te ne accorgi. Intravedi da lontano in mezzo al mare il suo dorso bianco.


   Ognuno di noi ha la sua balena bianca. La sua fottutissima Moby Dick personale, contro la quale costruisce la sua stessa vita e si preoccupa tanto di accoppare. Ognuno di noi ha il suo sassolino sulla strada, a cui tira un calcio perchè gli sta antipatico in quel momento, per poi ritrovarlo pochi metri più avanti come se non gli fosse successo nulla.


   E' quella cosa che non riusciamo mai a capire perfettamente, quel capriccio, quel dubbio atroce, quel "perchè?" sul comportamento di una persona di cui credi di esserti dimenticato, eppure ci pensi ogni volta prima di dormire. E non lo mandi via nemmeno se pensi a qualcosa di bellissimo, di fantastico, di unico. Rimane sempre lì. Come la merda sotto la scarpa.


   Ma in fondo siamo noi a vederla così. Siamo noi a vederla come una balena bianca, un nemico di una vita, come quella cosa che dobbiamo distruggere a tutti i costi. In fondo abbiamo tutti bisogno di una balena bianca. Se non ce n'hai una, te la trovi. Te la crei. Poi la trovi, ci combatti. E ammesso proprio che la uccidi, ce ne sarà un'altra.

   Non finiscono mai. Come i giocattoli cinesi. O l'ingenuità del professore che fa il compito a file per non far copiare gli alunni, magari non pensando che gli alunni, poi, il modo per copiare lo trovano lo stesso. Anche se il professore in fondo se ne accorge che gli alunni copiano, ma li lascia fare. Li accetta per come sono. Ogni tanto dice di fare silenzio, rimprovera quello con la bocca troppo larga, ma non li fa diventare un'ossessione.



   Si fa di tutto con i capricci di questo tipo, meno che accettarli. Eppure accettarli è la soluzione migliore. Guardarli per quello che sono, soltanto dei capricci, paranoie delle 23 e 12 che prima o poi passeranno. La soluzione definitiva verrà pure fuori da sola, senza neanche pensarci troppo. Sarà più banale dell'acqua, e quando la troverai penserai "ma perchè non ci ho pensato prima?". E il problema andrà via per davvero stavolta. E ti accorgerai che magari c'è chi sta peggio, che ci sono problemi peggiori, che stai bene in fondo. E sarà come se non avessi mai avuto quel problema.

   Come se quella balena bianca in realtà fossi proprio tu.

sabato 22 ottobre 2011

Bambini.

  I bambini vanno protetti dal male e dalle cose cattive perchè altrimenti ne vengono corrotti. E' la legge morale di ogni genitore coscienzioso e persona qualunque che si consideri politicamente corretta. Quando i bambini fanno domande su argomenti importanti, bisogna rispondergli sinceramente, per fargli capire come va il mondo, per preservarli dalle cose cattive.

  Ero in prima media e avevo una professoressa molto coscienziosa. Un giorno saltò fuori l'argomento del sesso. Cosa può dire un adulto coscienzioso ad un bambino curioso del sesso, con gli ormoni a mille e alla ricerca della sua fidanzatina? Esattamente la verità. Così ci raccontò un curioso aneddoto.
     "Quando ero bambina io, erano tutti poverissimi. Erano tutti così poveri che in città ci si andava con la carrozza e con i cavalli. Le famiglie che avevano molti figli, addirittura, facevano fare il bagno ai loro figli nella stessa acqua e nella stessa vasca. Dovete sapere che c'era una famiglia che aveva una bambina ed un bambino. Erano due fratellini, avevano tutti e due 5 anni. Un giorno, tutti e due i bambini dovevano farsi il bagnetto. Allora, i genitori fecero lavare prima il bambino...e nella stessa acqua la bambina! Non ci crederete...ma fu così che la bambina restò incinta del suo fratellino..."
      Mi ricordo che erano tutti molto colpiti e facevano tante domande alla professoressa sul fatto. Era una cosa davvero assurda e spaventosa, così tanto che al cambio dell'ora tutti quanti si raccontavano il fatto tra di loro e ridevano dallo spavento.

  Quando ero bambino, mi piaceva tanto fare le smorfie. Un giorno ho scoperto di riuscire a storcere gli occhi, di saperli girare tutti e due nella stessa direzione allo stesso tempo. Mi piaceva tantissimo perchè ogni volta che lo facevo mi veniva il solletico alle palpebre. Un giorno l'ho fatto vedere ad uno zio. Si mise a ridere e mi liquidò dicendo: "Stai attento...se ti vede la luna resti così per tutta la vita!". Mi venne un brivido lungo la schiena per lo spavento. Ma ero troppo, troppo curioso per vedere cosa poteva succedere. Era sera e c'era la luna. Mi sono messo alla finestra e ho storto gli occhi per qualche secondo. Sono tornati al loro posto e la luna mi aveva visto. Contento, sono corso a letto e ho storto gli occhi fino ad addormentarmi.

  Avevo una zia anziana, molto coscienziosa anche lei. Ci teneva molto a me e a me piacevano tanto le merendine, soprattutto quelle al cacao. Ne mangiavo tante. Un giorno mi raccontò che c'era un bambino che si era mangiato tante di quelle merendine, proprio le merendine che piacevano a me, che un giorno si è svegliato, si è guardato allo specchio, ed era diventato dello stesso colore delle merendine. Ci pensai per un po'. Poi decisi che in fondo quelle merendine avevano proprio un bel colore.

  Il fatto è che i bambini sono molto più intelligenti di quanto possiamo immaginare. I bambini capiscono proprio tutto quanto. Non c'è bisogno di spiegargli proprio nulla con le metafore e le storie assurde fatte al momento per non urtare la loro sensibilità. Se c'è da spiegargli il sesso, gli si spiega il sesso senza troppi problemi. I bambini lo capirebbero. Ovviamente c'è da spiegargli il fatto che ci sono rischi e tutta la prevenzione. Ma non si gira intorno alla verità con i bambini. Perchè non puoi prendere in giro i bambini, non per sensibilità o per altro, ma perchè se lo fai ti prenderanno in giro loro stessi per il tuo finto perbenismo. Lo vedrebbe anche un bambino.

lunedì 10 ottobre 2011

Aceto.

  Nella mia infanzia ho avuto momenti tristi, ma moltissimi altri momenti felici ed altri semplicemente divertenti. Ho sempre avuto un carattere molto spontaneo e schietto, dico tutto quello che penso, anche se spesso certe cose farei meglio a tenermele per me perché dirle fa più danno che vantaggio.

  Ad ogni modo, questo pomeriggio mi sono imbattuto nel mio primo quaderno delle scuole elementari. In prima elementare sapevo scrivere bene, o meglio, nel modo in cui ci si aspetta da un bambino. Un bambino così pigro che già a 5 anni, nei disegnini, quando c'era da colorare il cielo, pasticciava a stento con il pastello azzurro il bordo superiore del foglio.
  
  Mi ricordo che durante l'anno, col passare del tempo, mi sentivo in colpa a lasciare in bianco i 15/16 del cielo, però ci voleva troppo, troppo tempo. E io tenevo da fare. Però, pensavo che il giochino potesse durare abbastanza a lungo, almeno finchè non sarebbe finita la fase dei disegnini. In fondo, più o meno avevo capito che a scuola non si fanno disegnini per sempre.
  Per la cronaca, adesso i disegnini te li fanno fare anche alle superiori. Ti devi procurare tutta l'attrezzatura e i professori si lamentano pure se usi la matita sbagliata. Preferirei mille volte consumare pastelli azzurri per colorare cieli di paesaggi piatti senza il benchè minimo senso logico-formale, di proporzione e della misura. Della serie: "il papà è grande quanto la casa" o "la mamma è lunga quanto la coda del cane", o anche "la casa sembra un granaio dismesso".

  In prima elementare c'era anche il maestro Nicola. Gli volevo bene. Era un grande, simpaticissimo e bravissimo. Piaceva a tutti. Detta così, sembra la descrizione di un pedofilo, ma era tutto meno che un pedofilo. Giovanissimo, vestito sempre elegante. Non so che fine abbia fatto, ma mi piacerebbe incontrarlo. Mi piaceva perché dava compiti che aguzzavano l'ingegno.

  Una volta ci assegnò questo comando: "Scrivi le dieci cose che bisogna evitare per vivere bene e rispettare la natura.". La numero uno nella mia lista era "Non entrare con la motopala nei boschi.". La numero due era "Non mangiare cocaina o droga.". Cose utili, insomma.

  Poi sono cresciuto e sono arrivato alla terza elementare. La mia scuola elementare era fica perchè c'era il modulo sperimentale e facevamo tanti progetti. C'era modo di studiare, di divertirsi e, talvolta, di fare quello che gli studenti definiscono "un cazzo". Robba seria, insomma. Tra le attività dell'ultimo gruppo, c'era un progetto secondo cui dovevamo imparare a fare il vino. Così ci siamo messi tutti quanti a spremere acini nelle tinozze per una settimana buona, mentre la maestra spiegava i meccanismi della fermentazione. Ovviamente non la guardava nessuno, tutti quanti pensavamo ai loro acini, spremuti con i guantini di lattice sulle mani. 

  L'ultimo giorno ero molto impegnato, ad un certo punto mi sono stancato e ho chiesto alla maestra di andare in bagno a lavarmi le mani. Sono andato, mi sono lavato le mani e sono uscito dal bagno. Dopo una mezz'oretta buona, entra la bidella tutta trafelata dicendo che il bagno era allagato. Un fremito nello stomaco. Mi ero dimenticato il rubinetto aperto. E subito ho pensato che in fondo erano andati tanti bambini in bagno, quindi potevo evitare di essere scoperto. Così, quando la maestra arrabbiatissima ha urlato per sapere chi era stato, l'aula si espresse in un omertoso silenzio. In fondo ero stato io e ne ero l'unico al corrente. Dovevo solo stare zitto e buono, sarebbe passato tutto. Mi sentivo dannatamente figo.

  Ma la maestra non voleva lasciar perdere. Così, aiutata da molti testimoni, era risalita ad un gruppo di persone, gli ultimi ad essere andati in bagno. In quel gruppo c'ero anche io. E le mie possibilità di sfuggire al lungo braccio della legge erano poche. Erano ancora meno se si considerava il fatto che il bagno allagato era quello dei maschi e che in quel gruppo di maschi eravamo io ed un mio compagno. Ed è stato così che la maestra ci urlò in faccia per capire chi stava mentendo, chi era stato.

  Per la pressione mi sono tradito. Cosa ci vuoi fare, un bambino di 8 anni messo sotto pressione finisce sempre a piangere. Soprattutto se c'era andato tanto vicino, tanto così dal farla franca.

  Ma, nonostante tutto, adesso ci rido su. Adesso lo racconto senza troppa vergogna. E, soprattutto, raro lettore occasionale, scommetto che qualche volta pure tu hai avuto una situazione imbarazzante quand'eri bambino. Il fatto è che bisogna imparare a riderci sopra. Bisogna imparare a guardare al passato e mettere queste cose tra le migliori, come le scene divertenti di un bel film. Perchè ogni film ha le sue scene divertenti. Un film senza scene divertenti non esiste mica, prima di tutto. E poi, tante più ne contiene meglio è. Altrimenti, che senso ha guardare un film? Che senso ha ripensare alla propria infanzia se nemmeno una volta ti sei trovato ad aver allagato il bagno per sbaglio?

  Oh, comunque, alla fine il vino è uscito. Mi ricordo che il maestro lo aveva assaggiato per primo. Dopo averlo sorseggiato, ha fatto una faccia strana e poi ha detto "Bambini, è proprio buono!". Lo hanno assaggiato anche le maestre, noi bambini no per ovvie ragioni. Anche loro dicevano che era buono. Poi mi sono avvicinato e le ho sentite commentare a bassa voce tra loro, quasi per non farsi sentire: "sa proprio di aceto..." "ci sta benissimo sui pomodori.". Io ero contento che il vino sapesse di aceto. E ho pensato che anch'io da grande avrei voluto fare tanto vino a casa mia, da bere nelle migliori occasioni e nei più bei pranzi di Pasqua e cene di Natale. E mi sarebbe piaciuto che anche il mio vino sapesse proprio di aceto.

  Che bello essere bambini.

venerdì 7 ottobre 2011

Gridare.

  Oggi mi sono alzato e volevo andare a manifestare. Oggi mi sono alzato e mi sono detto che, se manifesti l'ultimo anno di liceo, non ti può dire niente nessuno perchè sei all'ultimo anno, perchè potrebbe essere il tuo ultimo sciopero da studente. Sono convinto di tutte le motivazioni di questo sciopero, sono convinto dell'inutilità di certe leggi e di certe persone di cui non si fa che parlare e, per questo, di queste persone e di queste cose in questo post e, possibilmente, in questo blog non ho intenzione di parlare. 

  Mi sveglio. Mi sveglio e mi sento già in sciopero. Mi sveglio e faccio con calma, non mi devo sbrigare, non devo andare di fretta. Metto la mia maglietta preferita, con cui andrò a scuola solo l'ultimo giorno. E' una maglietta nera a maniche corte, sopra c'è scritto "Sono stanco.". Appena la vedo penso che è perfetta per la giornata di oggi.

  Sto per uscire di casa, ho preso tutto quanto. Manca solo una cosa. Una cosa per cui mi sento in colpa, un peso così, una mancanza enorme. Manca lo zaino. Senza zaino a scuola ci sono andato solo prima dell'estate. Andare a scuola senza zaino il 7 di ottobre mi fa star male. Significa che davvero dovrò lasciare il liceo. Eppure lo zaino è il simbolo dello studente. Uno studente senza zaino non è abbastanza studente quanto uno studente con lo zaino. Metto un libro e un quaderno. Metto anche l'astuccio, che una penna serve sempre. Non posso uscire senza zaino. Non posso.

  Vado e mi incontro con i miei compagni. E sono lì. Sono lì che sono di quinto anno a guardare tutti i primini e i secondini guardarsi in giro spaesati, spaventati ed elettrizzati. Anch'io sono stato di secondo anno, anch'io mi gasavo. Sono sempre stato una specie di anticonformista, nel senso che faccio una cosa solo se la voglio fare. Così, quando non volevo andare alle manifestazioni, non ci andavo.  Per questo, in classe per qualcuno ho la fama del crumìro, perchè non mi andava mai di andare alle manifestazioni, più per pigrizia che per altro. La prima manifestazione a cui ho partecipato è stata proprio in secondo anno. Andava tutto bene, poi sono usciti fuori i fascisti e gli ultrà con i bastoni e le catene. Tutti scappavano da tutte le parti. Io mi sono nascosto nel McDonald. Dalle vetrine vedevo la polizia acchiapparli uno ad uno. Non è come nei film, nella vita reale è roba molto più forte.

   Oggi non ho paura. Oggi avrei partecipato al corteo pacifico. E se c'è macello, il McDonald è il più sicuro dei rifugi, oltre che il più puzzolente. Mi unisco ai miei compagni e andiamo al punto d'incontro. Iniziano a scivolare i primi fumogeni, delle palline viola che alzano fumo fino alle caviglie. Sembrano gomme da masticare al mirtillo. Non mi piace che stia iniziando così. Mi piace ancora di meno quando buttano i primi petardi. Li fanno rotolare a terra, in mezzo ai ragazzi. Il corteo si divide in due prima di iniziare. Da una parte i fumogenari e dall'altra un comitato studentesco che non ho mai sentito. Dev'essere nuovo.

   Vado con questi. Sono contento. Sono pure stanco, probabilmente per l'influenza della maglietta. Inizia il corteo finalmente. I poliziotti ci guardano e ci scortano con i loro Rayban e i loro baschi calcati in testa, le braccia conserte. Devono far vedere che ci sono e che sono tanti. Io sono gasato e contento. Canto i cori, con tutta la voce che ho, tutti mi guardano e mi seguono. Sono proprio contento. I miei compagni mi dicono di abbassare un po' la voce, mi guardano tutti. Ho troppo entusiasmo e non sono pericoloso. Canzoni, canti, cori.

   Intorno a me, ragazzi, ragazze, alcune belle altre no, ma tutti giovani come me. Tutti contenti. Tutti felici. Tutti a cantare. No, non mi sento parte di una moda. Mi sento una voce felice e spensierata. Una voce da liceale che oggi non è andato a scuola, però sta facendo una cosa giusta, almeno. Una cosa utile.

  Passiamo davanti alle scuole, davanti ai palazzi, la gente guarda il corteo dalle finestre. Guardano me soprattutto, mi agito molto. Però li saluto con tutta la mia cordialità, agito la mano e esibisco un sorriso da circo. A quel punto, mi guardano impassibili, come se fossi un gorilla iperattivo allo zoo. Si, sono iperattivo. Secondo Darwin sono anche un gorilla, o qualcosa del genere. Sono anche uno studente però. Uno studente che della vita non sa ancora nulla. Uno studente che si è reso conto che il liceo è la cosa più bella del mondo, che cantare in mezzo alla strada e gridare in nome della libertà che ha ricevuto è la cosa più normale che si possa fare.

  Ma loro guardano, guardano e continuano a guardare dall'alto e magari si chiedono "ma cos'avrà da gridare? Perchè lo fa? Che cosa si aspetta che faccia?". In realtà dovrebbero salutare anche loro, ma stanno in alto, loro guardano e basta. Controllano. Mi tengono d'occhio. Ma io sono solo contento. Sono solo felice di essere per l'ultimo anno un liceale che della vita non sa ancora nulla. Perchè, si sa, le cose belle sono belle perchè prima o poi finiscono.

  Sono felice e canto con tutta la voce che ho, perchè quando sarò grande e guarderò un corteo di giovani dalla finestra, li saluterò quando lo faranno, perchè quando vedrò anche mio figlio in mezzo a loro, a cantare come me, sarò contento quanto lui e in fondo canticchierò anch'io.

  Sono felice, mi fa male la gola, canto e mi diverto perchè mi mancherà il liceo.

mercoledì 5 ottobre 2011

Lavarsi.

  L'uomo puzza. Quando l'uomo si è reso conto di puzzare e di farsi schifo da solo, ha inventato i deodoranti, gli sciàmpi, i bagnodoccia, i bagnocrema, i docciaschiuma, i docciacrema, bagnocaldo e bagnomarìa.
  Come ogni cosa che è stata inventata, però, mentre molti ne usufruiscono senza troppi problemi e con il sorriso sulle labbra, per alcune persone, invece, quella stessa cosa sembra essere completamente inutile.


  Questa mattina stavo in corriera. Come accade raramente, avevo trovato un posto a sedere. Mi siedo. Entra un bel po' di gente, molti restano in piedi. Un ragazzo, doveva avere la mia età, resta in piedi proprio vicino al mio posto. Occhiali da sole a mosca, maglietta sottilissima a righe di marca, jeans di marca, cinturone di marca. Gli mancava giusto il codice a barre.


  Con una mano si aggrappa ad una maniglia di fronte al mio sedile e con l'altra si tiene ad una barra di metallo. Mi guarda, dall'alto in basso, con i suoi occhiali da mosca e i suoi capelli ricoperti di qualcosa che aveva l'odore della colla di pesce. Puzza. Puzza di sudore e di fumo messi insieme. Di colpo, con la mano molla la presa della barra di metallo e inizia a giocherellare con un braccialino, quasi sbattendomelo in faccia.


  Iniziare così la giornata non è molto promettente. Continua a puzzare e a guardarmi. Sembra che la stia facendo apposta, sia a guardarmi che a puzzare. Meno male che scendo alla prima fermata, a godere di un buon profumo di benzina, cornetti caldi e smog cittadino delle 7 e 48.


  Mi chiedo spesso come mai l'apparenza abbia assunto un ruolo così importante nella nostra società. Voglio dire, a me non importa se le persone ci tengono così tanto a vestirsi bene, pettinarsi bene, comprarsi gli occhiali a mosca e fare un po' quello che gli pare. Anzi, buon per loro. Quello che ho notato, però, è che il tempo che si dedica all'abbigliamento e a queste cose si è allungato di molto. Un po' come nell'800, che le donne ci mettevano 6 ore a vestirsi e andavano in giro con le stecche di balena e il cupolone a coprire tutto dal bacino in giù. Nemmeno in questo c'è niente di male, se non un nonsoché di comico e tragico allo stesso tempo.


  Il vero problema è che le persone ci tengono così tanto a vestirsi bene che il tempo dedicato ai vestiti spesso invade ed elimina quello necessario a lavarsi. Così, di prima mattina uno esce di casa che puzza di sudore, ha l'alito di caffè e di fiatella notturna, le mutande del giorno prima e le orecchie sporche. Però è vestito bene.

lunedì 3 ottobre 2011

Cose che capitano.

  Omicidio di Perugia. Dopo quattro anni di indagini confuse e plastici di Bruno Vespa, arriva la sentenza di assoluzione dei due imputati, Amanda Knox e Raffaele Sollecito.
  La sentenza è stata accolta in aula da scrosci di applausi. Previsto anche un piccolo rinfresco, con una torta alla panna con su scritto: "Fregàti!".

  I pasticceri avevano pensato che la battuta sarebbe stata d'effetto sia in caso di assoluzione che in caso di condanna.
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  Visti i tempi che corrono, con la presente mi impegno a dichiarare che con questo post non ho la benchè minima intenzione di presumere la colpevolezza dei due ormai ex-imputati, né tantomeno quella di infangare la memoria della povera Meredith, ma solo quella di voler fare un po' di ironia su tutta questa storia
.

  Un po' di ironia mi sembrava necessaria, perchè in questi 4 anni di misteri semi-risolti su questo caso, ho avuto la leggera impressione che televisioni e giornali facessero di tutto per lucrare sui più scabrosi retroscena della vicenda.
  Così, di colpo, ho pensato a tutte le persone che hanno speso i soldi del loro stipendio per alzare il fuoco di questa fornace mediatica, di questa macchina per fare soldi sulla morte di una povera ragazza, e mi è venuto da ridere. Poi, però, ho visto l'ennesimo televoto sulla vicenda e ho cambiato idea. Ho pensato di aver visto male io. Ho pensato di essere io il mostro per aver pensato di fare dell'ironia su cose così serie.

  Così ritratto tutto quanto. A scrivere questo post è stato il mio cane.

  L'unica cosa che non ritratto è la mia più personale simpatia per i plastici di Bruno Vespa.

La Fine del Mondo.

  Come se non bastasse la crisi, adesso ci si mettono anche i Maya. Ed ecco correre dappertutto, su internet, in tv e in programmi pseudo-scientifici, ipotesi terrorizzanti secondo cui, il 21 Dicembre del 2012, faremo la fine del tonno in scatola. Eh si, perché i pianeti si allineeranno, varierà l’emissione di particelle piccolissime chiamate neutrini (di cui, fino a due mesi fa, stavo benissimo anche ignorandone l’esistenza) che surriscalderanno il centro della Terra, per raffreddarlo non basteranno i nostri amati condizionatori e moriremo tutti.


  Quindi, com’è ovvio che sia, basta girare un po’ su yahoo answers per trovare domande del tipo: “Aiuto! Nel 2012 è vero che il mondo finirà????” oppure “LA FINE DEL MONDO NEL 2012?!?!?” e risposte di alcuni assolutamente scettici, altri che ci credono e altri che fanno come Lucia dei Promessi Sposi e si affidano alla Provvidenza. Tutto questo perché i Maya, una bella serata senza nuvole, hanno visto il cielo e hanno deciso che nel 2012 ci sarà la fine del mondo. E’ un po’ come se Paolo Fox, mentre state beatamente pescando su uno scoglio a Porto Cesareo, venisse da voi e vi dicesse che di lì a 5 minuti pescherete una balena. Con tutto il rispetto per l’uomo dell’oroscopo, prima di credergli con entusiasmo o di ridergli in faccia, bisognerebbe pensarci un pochino.


  Secondo alcuni, i Maya non hanno mai sbagliato nessuna previsione, di conseguenza anche questa volta hanno visto giusto. Secondo altri, la teoria è completamente senza fondamento perché non ha basi scientifiche. Eppure, nessuno finora sembra essersi chiesto il perché di tutto questo. Perché tante persone ci credono? Perché digitando su Google “2012” saltano fuori tanti siti che promettono di salvare le nostre anime (a pagamento), che parlano di Salto Trascensionale, Anno della Vibrazione Cosmica, Civiltà Galattica e tante, tante di quelle cose da non capirci più nulla?   


  Il problema è che abbiamo davvero bisogno di sentirci sempre gli ultimi di qualcosa, gli eredi finali di una lunga storia dell’umanità. Così come ci fa sentire realizzati essere a tavola e mangiare l’ultimo boccone della teglia delle lasagne della nonna, essere ad una corsa e prendercela comoda perché ormai i primi sono irraggiungibili: ci fa comodo essere ultimi. Per quanto sia angosciante, ci piace pensare che nel 2012 finirà tutto perché così possiamo darci alla pazza gioia, liberarci di ogni preoccupazioni, metterci a letto con un pacco di tarallini e ingrassare indovinando le domande di Carlo Conti, “tanto nel 2012…”. Nel mio piccolo, però, ne sono convinto anch’io. Si. Nel 2012 il mondo finirà. Esattamente alle 23.59 di Sabato 21 Dicembre, tutto il mondo si scatenerà, ma quando sarà il 22 Dicembre, tutto l’entusiasmo si spegnerà di colpo come un giocattolo comprato dai cinesi. Tutti si chiederanno “ma…non sarebbe dovuto finire tutto?”. Ed ognuno tornerà a casa, deluso come da un bidone ad un appuntamento al buio.


   In realtà, in quel millesimo di secondo tra la mezzanotte e le 23 e 59, il mondo è davvero finito. Tutte le convinzioni sono evaporate, tutte le teorie, i dibattiti, i litigi, tutto quanto è svanito. Morto un 2012, ce ne sarà un altro: 2038, 2060, 2240, 2280, 3797. Il mondo continuerà a morire e a rinascere, a sentirsi bene sentendosi male, sentendosi alla fine dei tempi e all’inizio di altri nuovi. Siamo gli ultimi prima del 2012, prima della fine, per essere i primi dopo il nuovo inizio.


   Forse questo 2012 non sarà tanto male. Quando sarà il 21 Dicembre, avrò già fatto i miei diciotto anni e preso la patente, avrò qualcosa di meglio da fare che stendermi sul divano, guardare Voyager e vedere un’ostentata espressione di preoccupazione sul volto del presentatore, che sul 2012 ha scritto un libro e venduto centomila copie in due mesi. Così come quelli che dicono di salvare anime a pagamento, oroscopi, fattucchieri, ladri, mercanti di aria fritta che, malgrado tutto, hanno guadagnato un bel po’ speculando sull’argomento. Magari, quando il mondo resterà deluso, forse si pentirà di averci creduto, forse si accorgerà che pescare una balena in quel di Porto Cesareo non è un ipotesi tangibile. Ma se la balena uscisse davvero? Questo non lo nemmeno io. Aspettiamo questo 2012, anche se, per quanto mi riguarda, apocalisse o non apocalisse, il 21 Dicembre 2012 andrò in piazza alla mia gelateria preferita a prendere il mio gelato preferito che, almeno questo, so per certo che sarà la fine del mondo.   

domenica 2 ottobre 2011

Pensare.

          
            Roman.


 "On n'est pas sérieux, quand on a dix-sept ans.
   - Un beau soir, foin des bocks et de la limonade,
   Des cafés tapageurs aux lustres éclatants!
   - On va sous les tilleuls verts de la promenade.

  "A diciassette anni non si può esser seri.
   - Una sera, al diavolo birre e limonata
   e gli splendenti lumi di chiassosi caffé!
   - Te ne vai sotto i tigli verdi a passeggiare."

                                 A. Rimbaud, Le Reliquaire, 1970

  La cosa che faccio più spesso nella vita è pensare. Pensare è dannatamente pericoloso. Pensare fa più male del fumo e dell'alcool messi insieme.

  Un giorno che non hai niente da fare, mentre sei steso sul divano a guardare il quiz televisivo di turno, ti capita di pensare al fatto che stai pensando, che dentro di te hai sempre una voce che ha da dire su ogni cosa, come un commentatore televisivo. Da quel momento, sceglierai per la vita se detestare quella voce, oppure se amarla quanto te stesso.

  Con quella voce intrattieni dialoghi, discorsi, litigi, polemiche. Conoscerai quella voce sempre meglio, così tanto che ad un certo punto non avrà nemmeno bisogno di completare una frase, perchè sai già cosa ha da dire. Quella voce ti accompagnerà per il resto della tua vita.
  
  Di quella voce non potrai più fare a meno, ti conosce così bene che sa già in anticipo quello che stai pensando prima che tu possa pensarlo. Quella voce commenta ogni cosa che ti capita sotto lo sguardo, ti dice cosa devi fare e cosa non devi fare. Quella voce ti racconta la barzelletta che ti ha fatto ridere il giorno prima e ti fa ridere di nuovo, in mezzo a persone che ti guardano perplesse perchè non sanno quello a cui stai pensando.
  Persone che fraintendono, o che vogliono fraintendere, persone che non vogliono ammettere che anche a loro, in fondo, parlare con quella voce piace. Persone che quando ti vedranno ridere da solo, apparentemente senza ragione, ti diranno: -Sei strano...-.

  Sei strano perchè lo ammetti, si, ti piace quella voce. Ti piace pensare. Ti piace così tanto che non ne vuoi fare a meno. Ci scherzi con quella voce, ti piace sempre di più.

  Un giorno ho deciso di scrivere su Facebook esattamente quello che pensavo. L'ho fatto e mi è piaciuto tanto, ma così tanto che l'ho fatto anche il giorno dopo. E il giorno dopo ancora. Poi sono arrivati i primi apprezzamenti, persone a cui piaceva quello che scrivevo, così mi divertivo sempre di più a scrivere.
  E così sono qui, ho aperto questo blog da quattro ore e stavo pensando ad un post d'inizio. In questo blog ci saranno pensieri di vita, sugli argomenti più disparati e stupidi, storie, cose strane, tutte quante condite da pensieri, le cose che preferisco di più al mondo, mi piacciono anche di più della pizza.

  Ringrazio Giulia dell'idea che mi ha dato, Ilaria per il suo sostegno continuo e gratuito, ringrazio chiunque si fermava a leggere i miei pensieri su Facebook e, soprattutto, chiunque si fermi su questo blog a leggere quello che scrivo, per il semplice fatto che prima di scriverlo l'ho pensato.

  E adesso basta perchè mi sa che ho scritto un po' troppo.