lunedì 27 aprile 2015

Man vs. Patente

“Il Chiàrchiaro protese di nuovo il braccio, batté la canna d’India sul pavimento e, portandosi l’altra mano al petto, ripeté con tragica solennità: – La patente.“

Ore 22.54. Dopo aver svolto la sesta simulazione del pomeriggio, l’ennesima con più di 4 errori, decido di andare a dormire. Comprendo che l’unica e radicale soluzione sia quella di accantonare le aritmie sovraventricolari e occupare le circa 52 ore a seguire in sola funzione dell’esame della patente. E’ una questione personale.

Ore 06.15. La perentoria sigla di Spongebob è il preludio dell’impatto a 180 decibel del palmo della mia mano sinistra sullo schermo del telefono: l’esecuzione della piccola spugna gialla avviene al secondo 5 della sigla del suo dolce programma. Il decesso è immediato. Un colpo così forte non si udiva dalla battaglia di Trafalgar. Caffè.

Ore 06.30. Mèmore delle usanze del Casinò del Bellagio nel quale non ho mai messo piede, copro ogni orologio della stanza cercando di indurre una completa desensibilizzazione al tempo che scorre. Il mio tempo non serve a nulla, nulla altro che al codice della strada. Non respiro che per svolgere batterie di 40 quiz ciascuna. Sono una fottuta macchina da guerra.
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Ore 13.30. Dopo un pasto frugale sento le forze abbandonarmi. La vista è annebbiata, i sensi intorpiditi. Con le ultime forze concessemi dalle fragoline a fine pasto, piazzo la sveglia per un’ora a partire da adesso.

Ore 15.30. Un incubo di corpi squartati e naufragi riesce a svegliarmi. La stanchezza aveva lasciato che sbagliassi a puntare la sveglia, ma gli dèi sono a mio favore. Anche il vento è favorevole da sud, 18 gradi Celsius e la giornata è lunga.

Ore 20.00. Zero errori. Festeggio, ma non troppo, con cicorie e pollo alla piastra.

Ore 22.28. Sono stanco e vado a letto.

Ore 03.43. Ho sete. Accendo gli abbaglianti sul comodino a causa della scarsa visibilità, indosso gli occhiali in quanto ho più di 3 gradi. Indosso le ciabatte omologate e arranco verso la soglia del corridoio. Mi arresto, guardo a destra e a sinistra e svolto strettamente a destra verso la cucina. Mantenendomi sulla destra, accendo gli anabbaglianti della cucina e sosto a versare un sorso d’acqua. Ritenendo opportuno sostare alla più vicina area di servizio, mi sposto verso il bagno.

Il moto planetario, il cielo stellato sporcato da qualche nube, la rivoluzione del pianeta attorno all’orbita e il cosmo tutto suggeriscono qualcosa che si palesa alle mie orecchie tramite il burrascoso vortice delle acque nel liscio imbuto della tazza Ideal Standard, sempre fedeli alla Legge di Coriolis.

Ore 03.46. Realizzo di essere diventato completamente scemo.


CONTINUA (?)

sabato 4 aprile 2015

Cinema.

     La mia passione per il cinema non è nata da molto. Posso dire che prima fosse solo latente. Arrivai a vedere Il Gladiatore per 15 volte di fila non sapendo il perchè, volevo solo provare a cogliere ogni sfumatura di quel film. Inutile dire che non ci capii niente, avevo solo 12 anni.

     Da quel momento in poi ne passarono molti altri, finchè non mi venne la curiosità di vedere altri film. Era un giorno d'estate e le cose non mi andavano bene, recuperai un film di tale Béla Tàrr, un regista ungherese che aveva fatto questo film di quasi 3 ore, si chiamava "Il cavallo di Torino". Non avevo neanche 18 anni, mi cimentai senza arte nè parte a vedere quello che scoprii dopo essere un capolavoro del 2011.

      Ero cosciente che quel film non potesse piacere a tutti, ma io avevo iniziato a vederlo senza nessuna pretesa, senza conoscere niente sulla trama e senza aver visto nessuna recensione. Mi sedetti, guardai e ne fui completamente rapito.

     Ne discutevo l'altro giorno con un amico, sul fatto che non ci sia bisogno di essere appassionati di cinema per vedere un film. Io non ero d'accordo inizialmente, ma da quel momento ci pensai e mi resi conto che non era così come pensavo. Quel film lo vidi senza alcuna nozione, tutto quello che imparai sul cinema e sulle inquadrature venne dopo. Fu senza nessun libro, mi misi a vedere film a manetta, tutti nello stesso modo in cui avevo visto il primo cercando di riprodurre la stessa magia di quella mia prima visione di quel film, "Il cavallo di Torino".

      Ed è così anche nella vita. Uno pensa di non fregarsene niente di certe cose, di essere completamente negato. Poi capita qualcosa, un occasione per avvicinarsi ad un aspetto che non aveva mai colto. Per essere colti da qualcosa non serve averne studiato ogni aspetto, per cogliere la magia del cinema non serve aver visto molti film, serve solo lasciarsi prendere. Chi non se ne fa prendere è perchè, in fondo, non vuole farsi prendere. Non gli interessa di fargli piacere il cinema, in realtà.

     E per quanto riprovai e riprovo ancora a vedere altri film, nessun film riuscì a darmi lo stesso che mi aveva dato quel primo film, "Il cavallo di Torino", nessun film mi emozionò come quello. So che non è il più bel film del mondo, so che ci sono altri film che vedrò che saranno belli più di lui, ma quell'emozione che mi prese era legata al fatto che non stessi cercando quella stessa emozione. Venne così, mi prese per mano, mi ipnotizzò e mi restò per sempre stampata dentro.

     Da quel momento, ci sono poche cose che mi appassionano come mi appassiona il cinema.