venerdì 27 febbraio 2015

Professori.

      Caro Diario,
all'inizio del mese è successo che ho rifiutato un voto. Nelle due settimane tra la prima e la seconda data, dato che non avevo un granchè da aggiungere alla preparazione che già avevo, mi sono chiesto a cosa serve un esame.
      Con il nome che mi ritrovo, quando va bene sto più o meno a metà elenco. Ho avuto una mattinata intera per pensarci, guardando gli esami degli altri e anche il mio. Stavano proprio tutti i professori oggi, 80 studenti sono un numero bello grande. Pure quella che teneva un'ora, ecco, pure lei le persone le ha tenute mezz'ora. Poi è toccato a me.
       Mi ha chiamato il mio prof preferito, bravo bravissimo bravo bravissimo fortunatissimo, stimatissimo, l'ho apprezzato proprio tanto. Mi sono seduto e sono partito proprio bene. E io parlavo, parlavo, poi ad un certo punto è arrivato un amico del professore e ha iniziato a parlare con lui. Io mi sono fermato un istante, lui mi ha detto di continuare. Poi ha iniziato a fare cose al telefono, non mi guardava neanche.
       Mi avrà chiesto al volo quattro argomenti, sarà che andava anche un po' di fretta. Poi si è interrotto un altro paio di volte, -No, guarda, domani non posso venire, ho da fare l'esperimento della fusione!-. Io me lo immaginavo lì, con gli occhialetti alla Doc Brown in una stanza piena di fulmini ad esclamare -Grande Giove!-. Ed io ridevo, sorrideva anche lui, era un clima disteso. Poi abbiamo chiuso l'interrogazione, mi ha messo il voto e gli ho fatto i complimenti per le sue lezioni, -le ho trovate ottime, ci tengo a dirglielo ad esame concluso!-. Sono andato bene tutto sommato, ma in quel momento credo di aver trovato, oltre ad una firma storta sul libretto, anche una risposta a quella domanda.
       Credo che gli esami servano ad un paio di cose. Oltre a costringere gli studenti a studiare, servono anche a farli stare con i professori a tu per tu per un momento, a far vedere al singolo studente l'importanza che ha per il professore. Ecco, io sono contento per il voto, ma non sono contento per l'interrogazione perchè non l'ho trovato uno scambio umano.
        Io quando parlo con le persone cerco di non avere un cellulare in mano, cerco di stare a sentire quello che hanno da dire. Magari mi scappa di mandare dei messaggi, soprattutto quando sono contento e sono uscito dall'esame, però anche lì cerco di limitarmi. Se non posso ascoltare qualcuno con attenzione, magari gli dico -Mi devi scusare, oggi sto così, dammi un attimo che ho bisogno di due secondi.-. Se sto sentendo uno studente e viene un amico a salutarmi, gli dico -Scusa, sto esaminando, ci becchiamo dopo.-
        In conclusione, penso che gli esami servano a sfatare i professori. Che poi, ci ho anche pensato all'interrogazione, mi sono sentito proprio un coglione a fargli i complimenti dopo avermi trattato con un buon voto, ma con poco rispetto.
     Penso che gli esami servano a far capire agli studenti come sono realmente i professori e a fargli pensare, quando serve, -Se dovessi diventare un giorno un professore, non voglio essere come lui.-

martedì 24 febbraio 2015

Scemaggine.

     Detto tra noi, finchè uno è scemo e sguazza ignudo da solo nella sua scemaggine ridendo della sua condizione e richiamando altre persone ad accompagnarlo, è sufficiente non dargli troppa retta ed osservarlo da lontano mentre si riunisce insieme ai propri simili, inseparabili compagni di avventure torbide e inenarrabili. Non sono gli scemi in sè ad essere un problema.
     Il vero problema è negli scemi in borghese. Circolano tra noi, sono agenti della scemaggine che si esercitano in tutto e per tutto a sembrare identici alle persone normali. Ad un tratto iniziano a dire cose strane, ed è lì che si palesa il primo segnale di una natura repressa che cerca di venir fuori disperatamente. Ad un certo punto, questa natura viene fuori, la scemaggine chiama impellente e lo scemo si spoglia di tutti i suoi abiti normali per sentirsi libero di essere scemo.
     Corre come un forsennato verso le pozze di scemaggine gridando parole di giubilo. Ecco, è qui la tragicità di questa dinamica: nella corsa degli scemi, c'è sempre qualcuno che, accidentalmente, viene travolto. Qualcuno che, ignaro, si era solo fermato a controllare una cosa, si era fermato ad allacciarsi le scarpe. Basta un attimo solo per ritrovarsi immerso nella scemenza, circondato da figure umane ubriache di gioia assoluta.
     Agli scemi non importa di averlo trascinato nella pozza con loro; è stato un evento accidentale, non è importante. Quello che è importante è che, magari, per colpa di quello scemo lì, quell'ignara vittima ha perso l'ultimo autobus per tornare a casa dopo una giornata di lavoro.
     Ed ecco che viene fuori un'innegabile verità di fondo: il destino di chiunque è intrinsecamente legato ai suoi sforzi, ma anche alla volontà degli scemi che trova sul suo percorso.