sabato 30 novembre 2013

Atto primo.

   Godette il silenzio nel tempo in cui una piuma d'oca di un giubbottino si posava sul palco di legno, immobile nel suo inchino, mentre una goccia di sudore scivolava sul dorso del suo naso sopra il cerone quasi andato. Aspettava, gli applausi o i fischi, avrebbe accolto l'una e l'altra cosa.

   Di applausi ne aveva sempre ricevuti, per quei pochi versi storti sputati da dietro i suoi denti felini, talvolta più lunghi e talvolta più brevi, fini a loro stessi, o se non altro fini alle risate del signor pubblico. Attese, attese ancora, e piano qualche applauso, qualche complimento timido veniva fuori.

   Sapeva di averne altri, di avere altrettanti fischi soffocati in un boccone di pop corn o in un tiro di marlboro light, insulti a non finire e quasi tutti mai detti. Li attendeva con altrettanto entusiasmo, ma era contento anche così.

    "Signori, lo spettacolo è finito.", disse rompendo ogni indugio. "Avrò da fare un po', non prendetevela con me, entusiasti e detrattori. Il tendone chiuderà, fino a data da destinarsi, non ci saranno altri spettacoli. Forse un giorno riaprirà, o forse resterà chiuso per sempre. Ma quello che avete goduto o sofferto finora, quello di cui ridete o deridete, quello che avete detestato o amato, sappiate che non è stato finto. Era tutto reale, per filo e per segno. Quello che mi auguro è solo di avervi fatto passare un lieto quarto d'ora. A presto, miei signori."


    Tirò la cordicella e calò il sipario ammuffito. Il volto raggrinzito da una specie di sorriso, sporco di sudore, trucco e qualche lacrima. C'è chi giura di averlo sentito piangere, chi di averlo sentito canticchiare qualche canzone che sapeva solo lui. Eppure il suo tendone restò lì intatto, nessuno lo toccò, nessuno lo aprì. Sull'ingresso il cartello storto e graffiato dal vento, "S ase a    s    re lica".