sabato 10 marzo 2012

Polli.

  Prova ad essere uno studente di liceo, appena uscito da tre anni di merda alle medie, un poco secchione per giunta, brufoloso come il pollo intero in un lettino di polistirolo dimenticato in un banco frigo. Prova a fare il primo compito di 5 altri anni di compiti in classe. Beh, ecco, puoi tutto meno che non fregartene niente. Figurati, pure quelli che dicono di non fregarsene nulla in realtà se ne fregano, anche più di chi dice di essere preoccupato.


  Un bel giorno di giovedì, il sole sbatte sul pavimento della classe trapassando i parasole improvvisati di carta da forno mezza rotta piena di cazzetti e oscenità studentesche appiccicata per sbaglio ai vetri delle finestre. Seduto al mio banco, guardo il sole dalla finestra. Nemmeno una nuvola, giornata perfetta che mi tiene lì a macerare come un televisore rotto in una discarica dimenticata da Dio. Il sole sta lì, a guardare me e i miei sfortunati compagni, come se ci stesse prendendo tutti per il culo. Al pensiero di questa cosa, rivolgo uno sguardo sprezzante al cielo di blu e scelgo la traccia numero due. Semplice semplice, "fai una recensione di un libro o un film a tua scelta."


  Due giorni prima ero andato a vedere il film dei simpson al cinema con i miei nuovi amici. Niente di speciale, ma un film semplice sul quale non si pretende mica troppo, posso spaziare e scrivere tutto e niente. Di buona lena, inizio. Scrivo, cancello, riscrivo, tanto c'è tempo per ricopiare. Questa frase si, no, aspetta, va meglio questa...no, stava meglio prima...bianchetto, grazie...nah, che bianchetto e bianchetto, a mano, senza bianchetto...perfetto, guarda te che linea è venuta fuori!


  Un'ora e quarantacinque minuti dopo, ritorno nella mia coscienza oggettiva e oggettivamente mi accorgo che il mio compito sembra il frutto di un bambino in overdose di orzobimbo. Avevo scritto, come richiesto, in colonne, ma il nero di seppia della mia bic aveva ucciso e buttato ai maiali il cadavere del candore immacolato di quel povero foglio protocollo, che non si aspettava sicuramente di fare quella brutta fine. Voglio dire, il mio testo aveva un senso compiuto, solo che precisamente di quello che stava scritto non si capiva molto. Per ricopiare di sicuro non c'è tempo. Consegno e chi si è visto si è visto.


  Un paio di settimane dopo, mi ritrovo il compito in mano. Un magro sei e mezzo rosso dava colore al mio compito. Un po' dubbioso di quanto vale un sei e mezzo, senza vedere l'oro di quel voto, decido che non è quello che merita il mio compito. Vado dalla prof e le chiedo perchè mi ha messo quel voto. -A parte l'ordine, mi dice, il compito non è nella traccia.- -Prof, mi dispiace, ma non sono d'accordo.-


  -Ah si? Bene, bene, allora lo leggiamo questo compito!?!?- Aveva quasi gridato, un brivido di sfida mi sale addosso mentre tutti stanno zitti, in attesa della mia mossa.
  -Va bene!-, dico senza paura. In realtà, paura ne avevo. E abbastanza pure. Prendo il foglio tremante, inizio a leggere. Pezzo a pezzo, le mostro come le varie parti del testo rispettano quelle di una recensione. Non dice niente, anzi, sembra quasi d'accordo. Decido che è un buon segno, sto andando bene, posso davvero vincere io. Finisco di leggere, e con tono ironico e malizioso mi dice che manca una certa parte.


  -Non è vero, eccola qui.- e la leggo ad alta voce. Si attacca ad un altro punto, ed io rispondo mostrandoglielo. Incredibile, già al primo compito ho vinto. Cosa ho vinto non importa, ho vinto e basta. Ci riprova, ma sono inattaccabile. La campanella termina il match e mi porta alla vittoria. I miei compagni mi guardano sorridendo, quasi ammirati. Ce l'ho fatta davvero. Adesso manca solo il colpo di grazia.


  Vado alla cattedra con il compito in mano, la guardo piano. Scrive qualcosa con le rughe che ballano come i bargigli di un tacchino, la testa chinata sul registro. I capelli alzati sono così chiari che mostrano  sgradevolmente tutti i nei che ha in testa. Finisce, alza la testa e sbotta:-Che vuoi?- -Niente...volevo sapere se...mi aveva alzato il voto...-. Sta zitta un secondo e poi sbotta:-Se non te ne vai a posto te lo abbasso a quattro.- -Buongiorno.-, e scappo via come un gatto. Un giorno da leone.


  Però sono questi i giorni che in fondo ti cambiano la vita. Sono questi i giorni in cui un ragazzo capisce come il potere logora chi non ce l'ha. Sono questi i giorni in cui ti rendi conto che il numero scritto su di un foglio da una vecchia con i capelli tinti male e asciutta come un porro può decidere davvero qualcosa di te. Non che quel sei e mezzo mi abbia rovinato niente, però in fondo nella vita ti ritrovi sempre davanti a qualcuno che deve darti un voto, un giudizio di qualunque tipo, in grado di renderti qualcosa o meno.


  Che poi, tinta a parte, possa essere una gallina intelligente e con la testa a posto, anche questo è da considerare. Pensa tu, se quella recensione fosse davvero stata il mio lasciapassare per un posto di dirigenza alla Apple, adesso magari gestirei il servizio mensa degli inservienti della Apple. Non si tratta nemmeno di prendersi sul serio, è solo che qualunque sia il tuo impegno in qualcosa, deve essere fatto sempre in funzione di chi ti dovrà giudicare. Non puoi evitarlo.


  In quello che si fa nella vita, si è sempre limitati da qualcosa, non si è mai totalmente liberi. Anche se ci viene detto che viviamo in libertà e che i risultati di una persona si basano sul suo impegno, in realtà non è così. Anzi, tanto più impegno si impiega a fare qualcosa, tanto più i risultati saranno sottovalutati. Non ci possiamo fare niente. Dobbiamo solo imparare a parlare con le galline e sperare che siano più ragionevoli di noi.


  In fondo, però, non è così difficile. Noi, polli, siamo della stessa materia di cui sono fatte le galline.

lunedì 5 marzo 2012

Ispirazione.

Sentire, profondamente
sentire,
senza avvertire neanche
lontanamente l'ombra
segreta del sonno,

il fuoco
e il vento come spazi
vitali e incontaminati,
enormi saloni di
sangue caldo ed emozione.

Sentire e fluire
il tempo del
momento atteso,
nascondendo in fondo
la paura di non riuscire più a riviverlo.

Sentire il fuoco caldo
del prato più fresco del cielo,
sentire il corpo del suono 
dell'ebano pregiato,
il colore morbido del suono di vita.

Ispirazione.