martedì 31 gennaio 2012

Puzza.

Schioccano in fretta
labbra tremanti.
Sibili acuti e bassi
si raccolgono in un solo
muggito di respiri.

Teste, tante teste
si piegano e si alzano,
tanti giocattoli
lasciati accesi
da bimbi distratti.

Le dita battono, 
sudate di paura,
annerite di matita,
grattano teste,
saltano incontrollate.

Ed io, io guardo
e aspetto che inizi.
Aspetto e ingoio
questa puzza
di compito in classe.

domenica 29 gennaio 2012

Deserto.

Deserto
di cemento grigio
e strade rotte
bagnate di notte.

Rare luci 
di noia calda
e spine fitte di
pioggia sui tetti
piatti dei dormitori.

La pioggia urla
e scava, eppure
nessuno ascolta.


Se il sole di colpo
strappasse via la notte,
se l'estate fosse
d'un tratto inverno,
nel deserto nessuno
se ne accorgerebbe.


Qui
il sonno grida più di tutti.

sabato 28 gennaio 2012

La tua testa.

La tua testa
è solo un vaso.
La tua testa
la  riempi di cazzate,
non per forza di
tristezza, ma di
qualunque cosa,
ogni secondo di più
non ti basta mai.
Come un vaso troppo
pieno per essere intatto,
troppo vuoto per essere
abbastanza pieno,
ancora di più, riempilo
di più, non ti fermare,
continua, ancora,

Finchè restano
solo pezzi
rotti e gocce
di pensiero.

venerdì 27 gennaio 2012

Cornetta.

Seduto su
un letto disfatto,
infreddolito,
lo sguardo perso
in una pagliuzza
della sedia.


Lo sai,
dietro la cornetta
sudata all'orecchio
c'è la risposta che
ti porterà un passo
più vicino a ciò
che ti fa paura,


quello che tanto hai temuto, che
ti ha fatto dormire male certe sere,
la fine di questa giovinezza troppo 
bollente per essere per sempre,
la fine dei sogni per come li conosci,
delle speranze, illusioni, sogni di
gloria, incoscienze, la fine delle
prime prime volte, dei capricci
facili, del periodo in cui le cazzate
sono i problemi più importanti,
sogni tremanti attaccati ad una
cornetta e ad una stupida
musichetta di attesa.


Per motivi di
intenso traffico
si prega di 
richiamare.


Eheheh. Succede.

giovedì 26 gennaio 2012

Il mattino ha l'oro in bocca.

Ogni mattina
alla fermata del bus,
vedo i miei coetanei
schiacciarsi, spingersi
spintonarsi per
entrare in corriera
ognuno prima di 
tutti gli altri.


Così, da dietro le mie
cuffiette a basso volume,
guardo e aspetto che
finiscano di stiparsi
come buoi nella stalla
per entrare con più calma
per ultimo.


Davanti a me, che ero
l'ultimo a salire,
due ragazze una mattina:
"Siamo arrivate in tempo!"
"Già, in tempo in tempo
prima di salire per ultime."
e, con disgusto, guardandomi
l'altra dice: "Già, che schifo
essere gli ultimi!"


Care ragazze,
meno male che ci sono
persone come voi,
mi sapete far ridere
ogni mattina e,
finché ci sarete,
potrò star sicuro
che nessuno di voi
mi fregherà il posto.

Gente d'estate.

Sera calda d'estate,
la luna pulita,
le stelle appuntite.

La gente cammina,
per strada parla, suda,
si diverte.

Nessuno guarda più il cielo.
Solo il povero ubriaco,
scordato da se stesso
e dagli altri

sul marciapiede
caldo.

mercoledì 4 gennaio 2012

Festività.

  Di quando ero più piccolo ricordo in particolare le feste. Ogni anno non vedevo l'ora che arrivasse Natale, e la mia attesa iniziava dall'inizio dell'Avvento, quando, al catechismo per la prima confessione, ci facevano fare i testi sul significato del Natale. Insomma, una cosa che scoccia ad ogni bambino, ma in ogni caso signficava che stava arrivando Natale. La catechista diceva sempre "non pensate al Natale solo come occasione per ricevere doni..." e tante altre parole e discorsi ampollosi di cui, è risaputo, i bambini se ne fregano altamente.



   E il Natale si sentiva nelle strade, nell'Ipercoop, tutta piena di cose, di decorazioni, di calze appese, di babbi natali volanti, di cose colorate, delle commesse che distribuivano gli assaggini dei dolci kinder. All'uscita c'era sempre il tipo vestito da Babbo Natale che dava le caramelle. Io mi divertivo ad andare sempre due volte, però facevo passare qualche minuto, altrimenti se ne accorgeva. Se fosse stato per me, ci sarei rimasto a vivere nell'Ipercoop.


  C'era poi la tradizione del presepe fatto con calma, con mio padre andavo a raccogliere il muschio nelle campagne vicino a casa per metterlo tra i pupi. Una volta a casa, bisognava sbrigarsi a conservare il muschio sennò sporcava di terra dappertutto e la mamma si arrabbiava. Così si metteva nella scatola delle scarpe, e intanto si preparava la base del presepe. Ci mettevamo tre giorni a fare il presepe, con tutti i pupi. E se erano finiti i pupi, io venivo e mettevo i pupazzetti degli ovetti kinder e le macchinine, che il presepe è una cosa bella e tutte le mattine mi piaceva andare a fissare ogni cosa, piegato sulle ginocchia.


  C'era chiaramente anche Babbo Natale. Poi, una volta scoperto il trucco, dai miei occhi un po' più cresciuti, vedevo il Natale ogni anno più in anticipo. Fin da ottobre, i volantini dei supermercati mettevano le offerte dei panettoni, dei pandori e di quelle cose che nella forma e nel gusto non si avvicinano lontanamente nè al panettone nè al pandoro, tutte piene di creme strane, con i nomi assurdi e un po' stupidi. Si mi riferisco a quelle merendone a forma di tronco di natale, di limone, di campana, (tra un po' magari anche di motosega) che nell'aspetto sono tanto invitanti e nel gusto ti fanno preferire un bel bicchiere di acqua calda con lo zucchero, di cui si sente tanto il bisogno dopo averle digerite.


  Ogni anno di più, il Natale lo sentivo sempre più commerciale, sempre più povero di quelle piccole cose che tanto mi piacevano da bambino. Il presepe (un po' per la scuola, un po' per gli impegni di tutti, per colpa di nessuno) si faceva sempre più in fretta, con i pupi grandi, che ci si mette di meno. L'effetto c'era, il presepe anche, ma non è come da piccoli. Non c'era il muschio, non c'era la fontanella, i pastori, le pecorelle.


  Giro per le strade, sui balconi non posso fare a meno di notare tutti i Babbo Natale appesi alle finestre. Quando li ho visti per la prima volta, mi sono messo a ridere, ma sinceramente mi hanno fatto sempre pena. Il mio vicino ne tiene 3 attaccati alla stessa fune. Mi sento male a pensare alle giornate di vento e di pioggia, a pensarli sbattuti da una parte all'altra, e a vederli grondanti e gocciolanti dopo un temporale. Poi ci sono quelle persone che, o per grandissimo senso dell'ironia, oppure per sbadataggine, gli fanno assumere pose davvero penose.


  Ne ho in mente uno che ho visto giusto stamattina, ad un balcone, con la pancia si reggeva sulla ringhiera, con il busto da un lato e le gambe dall'altro. Ho pensato che volesse dare l'impressione di scavalcare la ringhiera per arrivare sulla loggia, in realtà sembrava più un ubriaco a digiuno che sta per voltarsi di stomaco. Un altro sembrava impiccato. Il massimo che ho visto è stato uno con le braccia e le gambe aperte, la testa piegata all'indietro stile Madonna (o Freddie Mercury, dipende dai gusti), appeso ad una specie di ombrello. Una bella posa senza il minimo di senso, insomma.


  E mi sono sempre divertito a confrontare i vari Natali, fino a quest'anno. Quest'anno è stato il Natale meno Natale che abbia vissuto. L'atmosfera è morta. La Ipercoop senza Babbo Natale all'uscita. Le luminarie messe solo il 16 dicembre nel mio paese. Il presepe di fretta, così di fretta che abbiamo deciso di mettere solo luci e nastri colorati sull'albero. La festa in classe, l'ultima del liceo, che aspettavo da tanti giorni, è iniziata con tanto entusiasmo, ma arrivati a terza ora, avevamo finito di mangiare, di bere e di fare tutto. Nessuno lo diceva, nessuno ne parlava, ma in fondo ci stavamo annoiando. Così facevamo i trenini, cantavamo per giocare Venite Fedeli in pieno stile vecchiette in chiesa, giocavamo a dubito, due giri a tombola. In fondo, però, l'intenzione di tutti era evitare che qualcuno lo dicesse. Evitare che qualcuno dicesse: "Che palle però.". Mi è dispiaciuto.


  Di solito sono io che dico le cose che nessuno vuole sentirsi dire, per questo, qualche volta, mi sono beccato pure un bel po' di vaffanculo, però non volevo dirlo nemmeno io questa volta. Non volevo dire che quest'anno il Natale è morto davvero. Non volevo dire che era iniziato a morire con i Babbo Natale alle finestre, con le merendone, con il troppo anticipo delle luminarie, degli sconti e delle promozioni. Con la crisi, perchè no. Però è così. Ormai si sono annoiati un po' tutti. Ormai il Natale lo hanno ucciso queste cose, lo ha ucciso l'abitudine, in fondo l'abbiamo ucciso anche noi.


  Ormai il Natale non arriva, capita.