martedì 15 novembre 2011

Paese.

   Vivo in un paese. Quando sei bambino, nel paese ci vivi. Il paese ti piace e ti sta simpatico in fondo, perchè ha la scuola materna, perchè nel paese hai gli amichetti. Una volta finite le materne, devi fare le elementari. Se ti conviene fare le elementari in città piuttosto che in paese (sia per motivi di trasporto che per il fatto che la città è obiettivamente migliore del paese quanto a servizi), nei 5 anni di scuola elementare, inizi a sentire il clima di città, il fatto che in città si vive meglio, il fatto che gli amichetti che vivono in città escono di casa e trovano sempre qualcosa da fare.

   Così, in questa fase, cerchi di trovare qualcosa di buono nel tuo paese. Esci con la bici, vai in campagna con gli altri amichetti, di domenica a messa, sabato sera in piazza. Poi arriva il momento critico, la domenica mattina di primavera, dopo un anno di uscite quasi quotidiane, apri il garage, prendi la bici, chiudi il garage, sali sulla bici, metti il piede sul pedale e ti chiedi cosa diavolo stai facendo lì. Dove stai andando. Perchè stai andando. Cosa c'è da andare, cosa c'è di bello da fare. Allora non ci pensi, metti da parte la cosa come ogni brutto pensiero, ma pedalata dopo pedalata, isolato dopo isolato, ti rendi conto di quanto il paese sia scarno, povero, vuoto.


   Così vorresti scappare dal paese, così cerchi di avere rapporti e vita sociale solo in città: scuole medie in città, sport in città, uscite serali in città, amici in città, nemici in città, baretto in città, tutto quello che ti fa divertire lo trovi tutto in città e chiudi i tuoi rapporti con il paese. E' la scelta più intelligente, più automatica che puoi fare quando ti rendi conto di questo, quando senti di non avere niente a che dividere con il paese. In paese ci stai solo per mangiare e dormire, vivi in città. E più lo fai, più rapporti hai con la città, meno senti il vuoto del paese.


   E quando qualche sabato sera non puoi andare in città con gli amici, ti affacci alla finestra e ridi del paese addormentato, del vuoto del paese e delle tue ambizioni di qualche anno prima, di quelle che nel paese sono pure velleità. E se ti chiedono dove vivi, tu non dici di vivere nel paese, ma nella città, perchè non senti di essere abitante del paese, ma abitante della città a tutti gli effetti.


   Anzi, certe volte sei pure disposto a smentirti e a dire che in realtà abiti in paese, ma che nel tuo paese non c'è proprio niente, che è un dormitorio di una caserma abbandonata, sei disposto a parlare solo del peggio che c'è nel tuo paese. Tutto questo non per cattiveria, chiaramente, ma perchè sono proprio gli aspetti negativi del paese che hanno dato forma ai tuoi sentimenti positivi, forti, felici nella città e fuori dal paese.


   Crescendo, però, ti accorgi di un'ultima cosa. Ti accorgi che sebbene dici di vivere in città, in realtà ti trovi pur sempre nel paese. Non potrai trovare tutto ciò che vuoi sotto casa tua. Non potrai fare con i tuoi amici di città tutto quello che loro fanno, andare al cinema in settimana, al teatro in settimana, al centro a pomeriggio, a prendere un caffè respirando il grande centro storico, a camminare sui marciapiedi e a respirare la città ogni volta che vuoi.


   Ti accorgi che, in realtà, del paese non ti sei mai liberato, che il paese ti tiene legato alle sue mura spoglie delle 3 del pomeriggio, fredde d'inverno e bollenti d'estate, vuote di ogni significato. Ti tiene legato al silenzio tombale alle dieci di sera, rotto ogni tanto da uno scooter solitario, dal miagolio lontano di un gatto randagio, dall'ululato del cane nello spiazzo pieno di erbacce e vetri rotti vicino al campo sportivo.


   Anche quando sarai grande, anche quando andrai a vivere a Roma, Milano, Torino, Las Vegas, Rio, Baghdad, non potrai dimenticare il paese, il paese in cui hai dormito e da cui hai cercato di allontanarti, ci sarà sempre una catena a legarti al paese, e sarà il paese stesso a decidere quanta libertà avrai da lui e quando avrai libertà da lui.


   In tutta la tua vita, potrai fuggire dove vuoi finchè la tua catena ti darà spazio per farlo.

lunedì 7 novembre 2011

Scelte.

   Ogni bravo adolescente sa che la sua vita da adolescente lo metterà di fronte a delle scelte, scelte che non potrà evitare, scelte che lo segneranno nella sua vita. Come la scelta della scuola media, o la scelta della scuola superiore, anche se poi l'ultimo anno di scuola si accorgerà che in fondo erano solo scelte poco difficili da fare.


   Però, dopo la scelta della scuola media, ogni adolescente si accorge che dopotutto scegliere non è male. Scegliere è roba da grandi, scegliere significa essere autonomi. Così si diventa ribelli per scelta, si fuma per scelta, si corre per scelta, si fa sport per scelta e, perchè no, si studia per scelta. Anche se la sua vita da adolescente gli farà considerare ogni scelta come drammatica e traumatica, fa tutto parte del gioco dei grandi, del fare finta di essere grandi e di aver voglia di crescere.


   Si, gli adolescenti fanno tante scelte. Vaniglia o cacao. Margherita o würstel e patatine. Fragola o limone. Con l'aggiunta o senza. Anche se quest'ultima è una scelta evitabile. Ma ogni adolescente, come tutti gli adolescenti, si cerca la scelta. Cerca di trovare ogni possibilità di scegliere, di avere la situazione in mano, di avere il potere di farlo, il potere di scegliere.


   E i genitori li lasciano fare, i genitori spesso non se ne accorgono veramente, anche perchè spesso queste sono solo scelte innocue, non c'è niente di male nel farle e nel cercarsele. Anche se poi gli adolescenti si ritrovano in certe condizioni, in certe situazioni in cui non sanno scegliere, da grandi davvero.


   Il fatto è che per imparare a scegliere, nella vita di ognuno di noi ci dev'essere per forza un periodo in cui non si ha scelta. Un periodo in cui non puoi scegliere, un periodo in cui anche se piangi qualche volta la mamma il giocattolo non te lo compra. E anche se piangi, anche se lo vorresti, giocare con i giocattoli che hai già non è poi così male. Questo periodo esiste, si chiama infanzia. Il problema è che l'infanzia si è ridotta di molto ultimamente, ormai si è grandi subito, ormai si sceglie subito tutto quanto, anche senza avere idea, anche senza sapere o immaginare assolutamente nulla.


   Il fatto è che quando poi l'infanzia finisce davvero, quando ti rendi conto che non hai più possibilità di non avere scelta e iniziano davvero le scelte obbligate, quelle serie che devi fare tu e solo tu, allora ti manca. Allora ti chiedi come mai volevi crescere così in fretta, come mai avevi tanta fretta di diventare grande. E ti chiedi perchè l'hai fatto, perchè l'hai pensato, perchè non sei stato soltanto un po' più pigro.


   E mentre lo fai ti accorgi che sono le 22 e 02 e hai sprecato mezzo pomeriggio e mezza serata a pensare.

giovedì 3 novembre 2011

Diete.

   Una sera d'inverno succede che sei steso sul divano a vedere il tuo quiz preferito mentre prendi pezzo a pezzo le solite schifezze dalla busta che tieni in mano e le porti a macinare nella tua bocca a forma di pozzo luce. E ti piace. Finchè una sera non ti rendi conto che forse ne stai mangiando troppe, forse è colpa del quiz della sera, forse dovresti smettere. Così viene la sera dopo e non vuoi smettere, non tanto perchè quelle schifezze ti piacciono, ma perchè ti piace il quiz e ti piace mangiare in generale. E poi, una sera in più, non cambia niente.

   Poi un'altra sera, dopo un mese di solite sere e dopo che ti sei reso conto che quel quiz non cambia da sera a sera e lo vedi solo per ridere dei concorrenti che credono che un triangolo abbia infinite altezze, è come se ti guardassi dall'esterno e ti rendessi conto di quanto fai schifo, ecco. Sia perchè stai dando audience ad un programma di merda, sia perchè ti è uscita la pancia. Ecco, forse dovresti metterti a dieta.


   Da quel momento la svolta: domani dieta. E le giornate proseguono piene di svolte e di buoni propositi, domani dieta, domani smetto, domani vado a correre, domani palestra, domani studio. Domani. Il giorno più indefinito di tutti. E non sarebbe una cosa così grave rimandare certe cose a domani, se non per il fatto che c'è gente che rimanda a domani cose importanti come il fatto di lavarsi. Ce ne sono, sicuramente ce ne sono.


   Ad ogni modo ogni volta che ti poni un proposito, sei felice di averlo fatto. Una felicità che ti piace più di ogni altra cosa, quella felicità che ti toglie dalla testa le cose brutte che hai fatto nella giornata, le bugie che hai detto, il biglietto del bus che non hai pagato, la cartaccia che hai buttato a terra, la formica che hai trasformato in una macchia insignificante e tutte le cose che ti avrebbero tenuto occupato la mezz'ora prima di dormire. Ed è così bello addormentarsi in questo modo che da quel momento in tutte le giornate non fai che prometterti buoni propositi.


   Il fatto è che ci piace proprio la sensazione del buon proposito, così in realtà proprio non ci importa di eliminare la brutta abitudine, non è rilevante. L'importante è avere la botta di buoni propositi, tipo una volta ogni 1-2 mesi, per stare apposto una sera e per una settimana buona, poi lasciarsi succedere tutto quello che deve succedere di bene e di male e dopo 1-2 mesi essere apposto di nuovo.


   Ecco perchè è così facile fare il politico.
   

mercoledì 2 novembre 2011

Domande.

   Certi giorni pensi a tutto quello che ti sta capitando. Pensi soprattutto quando hai un periodo che non va, una serie di cose che proprio non vanno per il verso giusto e che vengono giù una dietro l'altra. Così pensi, pensi a quello che ti è capitato, quello che ti sta capitando, non tanto a quello che ti potrebbe capitare, e tra un boccone e l'altro di un pranzo veloce senza fame ti chiedi come mai ti stia capitando tutto questo.


   Come mai proprio oggi? Come mai tutto questo? Come mai proprio a me? Come mai non ho fame e sto mangiando come se ne avessi tantissima? Come mai non riesco più a ricordarmi cosa devo fare? Perchè?


   Soprattutto uno si chiede il perchè, il perchè di tutto questo. Cos'è che ha spinto tutto questo, qual'è lo scopo di ogni singolo istante di tutto questo e di tutto quello che è successo. Credo che sia proprio per questo che sono nate le religioni. Tradizioni ancestrali, racconti di gente che sicuramente aveva i nostri stessi problemi e che ha trovato la soluzione nella speranza in Dio e tutto il resto.


   Così sono tutte prove di Dio, messe da Dio stesso per farci capire quello che siamo e quello che non siamo, e quello che dovremmo essere, e cosa ci manca, e cosa non ci manca e tutto quello che dobbiamo fare? E che dobbiamo fare quello che dobbiamo fare perchè così avremo la grazia divina altrimenti bruciamo nelle fiamme dell'inferno? Oppure che tutto questo è una punizione divina e per togliercela di dosso dobbiamo bruciare 5 vacche bianche sulla collina dove il prato è più verde in un giorno di Sole che splende di luce buia?


   Che sia la Torah, la Bibbia, il Vangelo, il Kamasutra, la verità, l'unica verità è che non esistono prove certe. Che non puoi vedere nè Dio nè niente con i tuoi occhi e con la tua esperienza e non ha senso darlo per scontato.


   La risposta a qualunque domanda è che non ci sono risposte certe. La risposta al senso della vita è che non esiste il senso, unico e universale delle cose, la legge matematica che ti potrà dire qual'è il tuo destino e dove sia il bagno. La risposta è che non lo puoi sapere. E' inutile che te lo chiedi, o meglio, è inutile pretendere di trovare una risposta per tutto tutto quanto perchè non la troverai. E proprio quando crederai di averla trovata, crollerà tutto come un castello di carte e non riuscirai a dormire per le 3 settimane seguenti.

   Perchè non si accetta quello che si riceve? Perchè non si è sereni di fronte alle difficoltà e a tutto quello che ci presenta la vita? Perchè da una ricerca ci si aspetta per forza un risultato esauriente, esatto e preciso come un punto esclamativo?


   Per favore, per una volta, accettate il mistero. Chiedetevi tutto quello che volete, ricercate, ma se non ce la fate a darvi una risposta sensata, accettate il mistero e vivete con tutto quello che avete. Che alla fine, bene o male, passa tutto quanto.

   Anche se, forse forse, tutto questo è perchè proprio una settimana fa sono passato di proposito sotto una scala.