giovedì 26 giugno 2014

Patatine.

     L'umanità è come le patatine con la sorpresa.

     All'inizio le vedi in giro e non ti dicono nulla, finchè un giorno i tuoi non te ne portano un pacco a casa. Scarti, mangi, la sorpresa ti piace e improvvisamente ne vai pazzo.


     Metti in croce i tuoi per averne ancora, sia per le sorprese che per le patatine. Non vorresti niente altro, nulla se non quelle patatine con quelle sorprese. A volte non ti piacciono neanche, ma sembri proprio non rendertene conto, dopotutto sei convinto di avere tra le mani le patatine migliori che ci siano.


  A   nno dopo anno, diventando grande, capisci dell'inganno del prezzo troppo elevato di pacchi riempiti con piú aria che patatine, capisci che le sorprese non sono tutta questa gran cosa e, in qualche modo, ti abitui all'oggettività dei fatti. Non ti danno piú lo stesso entusiasmo, per qualche anno smetti anche di comprarle.


   Ar   riverà sempre il momento, però, in cui le comprerai un'altra volta. Magari avrai anche un'indipendenza maggiore rispetto all'ultima volta in cui le hai consumate, non te le compreranno i tuoi genitori. Costeranno sempre troppo, però le comprerai lo stesso.


   Saprai già che, anche stavolta, la sorpresa sarà qualcosa di inutilizzabile e dall'inevitabile fragranza di petrolio e di scantinato in un sobborgo di Taipei, ma non è per avere sorprese che ti troverai con quel pacco di patatine in mano.


   È solo che tutti, prima o poi, abbiamo voglia di patatine. Magari, una volta tanto, varranno davvero  il prezzo che costano. Magari un operaio ci avrà fatto cadere per sbaglio un anello col diamante al posto di un pezzo di plastica a forma di un brutto topo antropomorfo.


   O forse no.

martedì 10 giugno 2014

Libertà.

    Ora ci va questo...mmh...ssiiii...bisssfosfato, ok. Poi si fa ad isom...no, aspetta, prima ne perdiamo uno. ADESSO isomerizza....intermedio instabile, va bene, che può essere usato per il sangue, si ok, la sappiamo...e ora due fosfato...ok, fatta, ora questo...e poi questo. Sarebbe proprio l'ideale oggi con il computer sull'erba...dopo, dopo l'esame. Il glicogeno è a uno fosfato, può isomerizzare a sei...

    Non si mette la sveglia. Uno apre gli occhi e non vede neanche che ore sono. Ad ogni modo nove e mezza. Neanche un alito di vento, un caldo torrido che non si può stare, la mattina del primo giorno in cui non ho assolutamente nulla da fare, nulla da studiare, nulla da preparare.

    Mi abbandono allo strano piacere della maglietta umida di sudore fresco e alla freschezza della macchia di bava sgorgata dalla bocca e diffusa su una chiazza circolare a causa della mia abitudine di dormire a pancia sotto, convinto che cambierei idea se solo mi soffermassi sul suo odore. Tanto appena mi alzo mi devo fare una doccia, non importa.

    Butto una mano sul computer, sollevo lo schermo, premo il pulsante seguendo esclusivamente la mia improvvisa voglia di musica anni 60, che mi ricorda sempre l'estate e il riposo assoluto. Col cazzo che butto la mattinata su Game of Thrones o Mad Men, stamattina mi prendo il computer e me ne vado a scrivere sul prato.

    E se poi ti fanno i gavettoni?
Diavolo, esiste gente tanto stupida da fare un gavettone ad uno che sta con il portatile sulle gambe?!?
    Si.
Eh. Allora me ne vado in un posto in cui non si possono fare gavettoni dall'alto.
    Si, ma l'hai sentito il sole? Rischi di friggerti il cervello e l'insolazione.
Dell'insolazione non mi frega molto, però vado all'ombra.
    E il vento?
Non c'è vento, basta! Non passerò la mia giornata senza fare un cazzo! E' troppo tempo che non scrivo!

    Una bella canzone parte e mi abbandono ad atmosfere hippie dal comodo del mio materasso umidiccio e nella penombra della mia stanza. Sono le dieci. In effetti è un poco scomodo andare a scrivere sull'erba con il computer, tanto vale che mi porto l'asciugamano ed un bel libro. Ancora mezz'ora e poi mi alzo.

    Si, ma mi devo fare la doccia, non posso aspettare un'altra mezz'ora. E vabbè, troppo tardi, dieci e mezza. Doccia. Tanto non devo fare un cazzo.

    E dopo una bella doccia non lo vuoi un bel bicchiere di latte fresco?
Mah, quasi quasi.
    Imbraccio la tazza di Paperino, verso un generoso volume di latte, ci sbatto dentro un cucchiaio abbondante di zucchero, mi siedo in mutande sul materasso umidiccio e sorseggio il latte passabilmente fresco a causa dell'idiozia del mio frigorifero. Finalmente una bella canzone da un bel film di Tarantino. Sparatorie in mente, sangue dovunque, latte fresco dal sapore dolce, luce soffusa tipo cella di qualche monastero strano. E ho fame.

    Non c'è nessuna necessità di fare colazione alle undici del mattino, però non ho davvero un cazzo da fare. E' bello fare colazione alle undici. In barba a chiunque abbia da fare, fanculo tutti. Faccio colazione alle undici, dopo 7 mesi che mi sveglio tra le sei e le otto del mattino. Pantaloni corti, cintura, maglietta a caso e giù a fare colazione.

    -...solo per te guarda, è rimasto solo per te!-
Mi arriva sotto il naso un cornetto integrale molliccio che sottraggo alle manie dietistiche di qualche collega in sovrappeso, o più plausibilmente al titolare del bar che fischietta allegro. Finisco il cornetto in fretta, un po' vergonandomi dell'ora in cui vengo a fare colazione. Finisco il caffè e faccio un sopralluogo fuori per trovare un bel posto in cui mettermi a gambe incrociate, con o senza computer.

    Inizio a camminare e a buttare gli occhi su qualche angolo all'ombra di qualche albero, verificando che non sia sotto nessuna finestra e nessun occhio indiscreto. Mi gratto la barba, la testa bollente mentre decido irreversibilmente di tornare a casa dopo neanche dieci metri a causa dell'afa spietata.

    Erano mesi interi che aspettavo questo giorno, eppure non ne ero per nulla soddisfatto. Bruciato ogni piano per dedicarmi a ciò che mi piace in un modo diverso dal solito, tornando a casa sotto il sole delle undici e mezza passate, mi resi conto che l'unica soddisfazione che poteva restarmi era quella della colazione a quell'ora così inconsueta. Eppure anche quello, poco dopo, mi resi conto che fosse solo qualcosa di inutile, inconsistente, frivolo e completamente vano.

    Succede così quando si aspetta un giorno particolare: ci si tiene così tanto che si passa così tanto tempo a programmarlo che ci si dimentica di viverlo nella maniera più semplice.

    Poco a poco, il cielo si riempie di nuvole di pioggia. Dice su internet che da venerdì diluvierà per una settimana intera. Come ogni volta, proprio quando voglio andarmene in giro, in quei pochi giorni di respiro e riposo tra un esame e l'altro, il tempo diventa orribile e non posso fare nulla.

    Tanto non avrei fatto un cazzo lo stesso.

lunedì 2 giugno 2014

Enema.

   La nebbia si distendeva sul terreno come in una sauna. Non si vedeva ad un palmo di naso. Il silenzio era rotto dai gracidii tiepidi e dal battito d'ali delle libellule. A quell'ora le zanzare della malaria erano certamente a dormire, ma di questo i due piccoli erano incoscienti. Giocavano sulla riva del fiume dopo aver mangiato un pezzo di pane rubato al fornaio assonnato davanti al ponte. I loro vestiti avevano visto mesi e mesi di quella nebbia, di odore di pesce, di nobildonne, di sterco equino e di ogni cosa con cui erano stati a contatto.

   Giocavano a lanciarsi palle di fango ridendo e scherzando, stando ben attenti a non cadere nel fiume. Annegati o assiderati, sarebbero senz'altro morti e, malgrado la loro vita tanto grama, avrebbero voluto giocare ancora per molti anni. Ad un tratto, uno si fermò.
-Ehi, John! Che ti prende?-
-Guarda quello, quello che cammina sul ponte.-
-Quello nella nebbia lassù?-
-Eh! C'è solo lui! Non ti sembra che stia camminando un po' strano?-
-No, non mi sembra! Che diavolo ti prende?-
-Quello tra un po' cad...oh mio Dio!-

    L'uomo sul ponte si aggrappò al muretto, strinse la mano al petto proprio sopra il cuore e emise un gemito che tagliò la nebbia. I due bambini lo guardavano con la bocca aperta e la paura nel petto, che divenne terrore puro quando videro il corpo dell'uomo volteggiare e cadere nella morsa del fiume con un urlo terrificante.

-Scappa John!-
-Che stai dicendo, Dick?! Se quello è uno ricco e lo salviamo, poi sarà riconoscente!-
-Fanculo i soldi! Io non mi ci butto ammollo nel fiume!-
-Allora la ricompensa me la cucco tutta io!-
-John! No!-

    Si tolse il poco di maglietta che aveva addosso e si buttò in acqua. La corrente stava trascinando l'uomo proprio verso di loro. Iniziò a nuotare in diagonale per intercettare il suo corpo, che urlava di dolore mentre la corrente lo trascinava. Proprio un momento prima che John gli afferrasse il braccio, smise di urlare. John lo prese, e sempre con l'aiuto della corrente lo riportò a riva. Dal suo abbigliamento, sembrava un uomo ricco. La sua faccia era sbiancata e non doveva avere più di 50 anni.

-E' annegato...-
-Magari è ancora vivo! Vado a cercare un dottore!-
-No! Tu resta qui! Voglio anche io la ricompensa!-

    Il piccolo iniziò a correre spinto dalla fame e dalla frenesia di uscire dalla sua vita di stenti, andò in mezzo alla strada e iniziò ad urlare per cercare un medico. Urlò così tanto che non tardò più di un minuto a trovarlo.
-Dottore! Dottore! Un uomo! Annegato!-
-Dove?-
-Proprio qui sotto! Deve salvarlo! Forse è vivo! E' annegato!-
-Annegato? So io cosa fare! Seguimi!-

    Il bambino seguì il dottore di corsa, sebbene la sua tunica larga, la sua stazza e le sue scarpe strette non erano così difficili da perdere di vista.
-Jameson, presto! La valigetta dell'enema!-
-Un annegato?-
-Si! Presto! Mi segua! E seguimi anche tu! Ehi! Giù le mani! Oppure lo paghi tu il servizio, malandrino!-, gettò uno scapaccione alla nuca del bambino, -portaci da questo annegato! E se è una trappola, giuro che un salasso non te lo toglie nessuno!-

    A questa minaccia, il piccolo corse come non mai e portò il medico e il suo assistente dall'annegato in un secondo. Un piccolo gruppo di persone si era sistemato attorno a John e al corpo del malcapitato.
-Largo! Largo! Siamo scienziati!-
Tutti si spostarono immediatamente e lasciarono spazio ai togati. Jameson aprì la valigetta senza che il dottore gli dicesse nulla.
-Presto! Qualcuno gli tolga subito tutti i vestiti di dosso! Tutti quanti!-
Il fabbro e il fornaio si precipitarono addosso al corpo esanime, mentre i piccoli si allontanarono subito per evitare lo sguardo del fornaio. Intanto, l'assistente del dottore sistemava uno strano oggetto. Era una specie di soffietto per il camino, da una parte aveva la punta da cui usciva l'aria e dall'altra una specie di braciere. Con mano sicura, aprì una grande scatola piena di tabacco e ne mise una manciata generosa nel braciere, poi prese l'acciarino e diede fuoco.

   -Jameson! Questo enema?-
-E' pronto, Mr. Sydenham!-
Il dottore girò sul fianco il corpo dell'annegato, prese il soffietto dalle mani dell'assistente e gli infilò la punta dritta nel buco del culo. Poco a poco, l'assistente apriva e chiudeva il soffietto.

   Era pratica comune, tra settecento e ottocento, soffiare del fumo di tabacco nel sedere di un annegato. Si credeva che in questo modo si potesse salvargli la vita. E andavano avanti per interi minuti, a continuare a soffiargli fumo di tabacco nel culo mentre quello magari era già morto e manco se n'erano accorti. Eppure non era colpa loro, loro credevano davvero di fare qualcosa per salvargli la vita.

   A volte io mi guardo intorno e vedo gente che ha dei problemi. Ognuno affronta un po' come può i problemi che ha, eppure a volte mi sembra di vederli affrontare proprio come si affrontava un annegato nell'antichità. Non capisco proprio come gli possa venire in mente di fare certe cose, così poco produttive e fondamentalmente inutili per risolvere i problemi stessi, eppure loro continuano a farle, convinti realmente di essere quasi al punto di svolta. Li vedo come il signor Jameson e il dottor Sydenham, a sudare sotto le loro vesti troppo ingombranti per dei dottori per infilare più aria possibile nel retto di quel tipo.

   Qualche volta succede che ci riescano per davvero, a risolvere dei problemi facendo qualcosa di completamente inutile. In quei casi, però, succede solo perchè nel frattempo accade qualcos'altro, che realmente influenza il corso degli eventi. Così non se ne accorgono, pensano che il merito sia tutto loro. Continuano a vivere e a cercare di risolvere i loro problemi, o il più delle volte di aggirarli. Se ha funzionato una volta, perchè non dovrebbe funzionare ancora?

   Ecco di colpo il poveraccio riaprire gli occhi. E' salvo. Però nessuno si accorse che quel povero scemo aveva buttato un colpo di tosse, grazie al quale ha tirato fuori l'acqua che aveva nel petto. Si era salvato da solo, trovandosi tutto nudo e con un soffietto in culo, senza neanche sapere il perchè. Gli astanti intorno applaudirono ai medici, mentre i piccoli saltavano addosso al suo corpo portandogli i vestiti e ricordandogli di averlo tirato fuori dall'acqua.
-Meno male per questi due marmocchi, senza il nostro enema lei non sarebbe tra noi!-
-Ma...ma quale enema...io ho solo tossito e sputat...-
-Ma guarda il furbone! Adesso vuole prendersi tutto il merito! Ah ah ah! Salvare vite è la nostra soddisfazione, ma non è per nulla gratis! Ah! Cosa crede?-