lunedì 10 ottobre 2011

Aceto.

  Nella mia infanzia ho avuto momenti tristi, ma moltissimi altri momenti felici ed altri semplicemente divertenti. Ho sempre avuto un carattere molto spontaneo e schietto, dico tutto quello che penso, anche se spesso certe cose farei meglio a tenermele per me perché dirle fa più danno che vantaggio.

  Ad ogni modo, questo pomeriggio mi sono imbattuto nel mio primo quaderno delle scuole elementari. In prima elementare sapevo scrivere bene, o meglio, nel modo in cui ci si aspetta da un bambino. Un bambino così pigro che già a 5 anni, nei disegnini, quando c'era da colorare il cielo, pasticciava a stento con il pastello azzurro il bordo superiore del foglio.
  
  Mi ricordo che durante l'anno, col passare del tempo, mi sentivo in colpa a lasciare in bianco i 15/16 del cielo, però ci voleva troppo, troppo tempo. E io tenevo da fare. Però, pensavo che il giochino potesse durare abbastanza a lungo, almeno finchè non sarebbe finita la fase dei disegnini. In fondo, più o meno avevo capito che a scuola non si fanno disegnini per sempre.
  Per la cronaca, adesso i disegnini te li fanno fare anche alle superiori. Ti devi procurare tutta l'attrezzatura e i professori si lamentano pure se usi la matita sbagliata. Preferirei mille volte consumare pastelli azzurri per colorare cieli di paesaggi piatti senza il benchè minimo senso logico-formale, di proporzione e della misura. Della serie: "il papà è grande quanto la casa" o "la mamma è lunga quanto la coda del cane", o anche "la casa sembra un granaio dismesso".

  In prima elementare c'era anche il maestro Nicola. Gli volevo bene. Era un grande, simpaticissimo e bravissimo. Piaceva a tutti. Detta così, sembra la descrizione di un pedofilo, ma era tutto meno che un pedofilo. Giovanissimo, vestito sempre elegante. Non so che fine abbia fatto, ma mi piacerebbe incontrarlo. Mi piaceva perché dava compiti che aguzzavano l'ingegno.

  Una volta ci assegnò questo comando: "Scrivi le dieci cose che bisogna evitare per vivere bene e rispettare la natura.". La numero uno nella mia lista era "Non entrare con la motopala nei boschi.". La numero due era "Non mangiare cocaina o droga.". Cose utili, insomma.

  Poi sono cresciuto e sono arrivato alla terza elementare. La mia scuola elementare era fica perchè c'era il modulo sperimentale e facevamo tanti progetti. C'era modo di studiare, di divertirsi e, talvolta, di fare quello che gli studenti definiscono "un cazzo". Robba seria, insomma. Tra le attività dell'ultimo gruppo, c'era un progetto secondo cui dovevamo imparare a fare il vino. Così ci siamo messi tutti quanti a spremere acini nelle tinozze per una settimana buona, mentre la maestra spiegava i meccanismi della fermentazione. Ovviamente non la guardava nessuno, tutti quanti pensavamo ai loro acini, spremuti con i guantini di lattice sulle mani. 

  L'ultimo giorno ero molto impegnato, ad un certo punto mi sono stancato e ho chiesto alla maestra di andare in bagno a lavarmi le mani. Sono andato, mi sono lavato le mani e sono uscito dal bagno. Dopo una mezz'oretta buona, entra la bidella tutta trafelata dicendo che il bagno era allagato. Un fremito nello stomaco. Mi ero dimenticato il rubinetto aperto. E subito ho pensato che in fondo erano andati tanti bambini in bagno, quindi potevo evitare di essere scoperto. Così, quando la maestra arrabbiatissima ha urlato per sapere chi era stato, l'aula si espresse in un omertoso silenzio. In fondo ero stato io e ne ero l'unico al corrente. Dovevo solo stare zitto e buono, sarebbe passato tutto. Mi sentivo dannatamente figo.

  Ma la maestra non voleva lasciar perdere. Così, aiutata da molti testimoni, era risalita ad un gruppo di persone, gli ultimi ad essere andati in bagno. In quel gruppo c'ero anche io. E le mie possibilità di sfuggire al lungo braccio della legge erano poche. Erano ancora meno se si considerava il fatto che il bagno allagato era quello dei maschi e che in quel gruppo di maschi eravamo io ed un mio compagno. Ed è stato così che la maestra ci urlò in faccia per capire chi stava mentendo, chi era stato.

  Per la pressione mi sono tradito. Cosa ci vuoi fare, un bambino di 8 anni messo sotto pressione finisce sempre a piangere. Soprattutto se c'era andato tanto vicino, tanto così dal farla franca.

  Ma, nonostante tutto, adesso ci rido su. Adesso lo racconto senza troppa vergogna. E, soprattutto, raro lettore occasionale, scommetto che qualche volta pure tu hai avuto una situazione imbarazzante quand'eri bambino. Il fatto è che bisogna imparare a riderci sopra. Bisogna imparare a guardare al passato e mettere queste cose tra le migliori, come le scene divertenti di un bel film. Perchè ogni film ha le sue scene divertenti. Un film senza scene divertenti non esiste mica, prima di tutto. E poi, tante più ne contiene meglio è. Altrimenti, che senso ha guardare un film? Che senso ha ripensare alla propria infanzia se nemmeno una volta ti sei trovato ad aver allagato il bagno per sbaglio?

  Oh, comunque, alla fine il vino è uscito. Mi ricordo che il maestro lo aveva assaggiato per primo. Dopo averlo sorseggiato, ha fatto una faccia strana e poi ha detto "Bambini, è proprio buono!". Lo hanno assaggiato anche le maestre, noi bambini no per ovvie ragioni. Anche loro dicevano che era buono. Poi mi sono avvicinato e le ho sentite commentare a bassa voce tra loro, quasi per non farsi sentire: "sa proprio di aceto..." "ci sta benissimo sui pomodori.". Io ero contento che il vino sapesse di aceto. E ho pensato che anch'io da grande avrei voluto fare tanto vino a casa mia, da bere nelle migliori occasioni e nei più bei pranzi di Pasqua e cene di Natale. E mi sarebbe piaciuto che anche il mio vino sapesse proprio di aceto.

  Che bello essere bambini.

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