martedì 10 giugno 2014

Libertà.

    Ora ci va questo...mmh...ssiiii...bisssfosfato, ok. Poi si fa ad isom...no, aspetta, prima ne perdiamo uno. ADESSO isomerizza....intermedio instabile, va bene, che può essere usato per il sangue, si ok, la sappiamo...e ora due fosfato...ok, fatta, ora questo...e poi questo. Sarebbe proprio l'ideale oggi con il computer sull'erba...dopo, dopo l'esame. Il glicogeno è a uno fosfato, può isomerizzare a sei...

    Non si mette la sveglia. Uno apre gli occhi e non vede neanche che ore sono. Ad ogni modo nove e mezza. Neanche un alito di vento, un caldo torrido che non si può stare, la mattina del primo giorno in cui non ho assolutamente nulla da fare, nulla da studiare, nulla da preparare.

    Mi abbandono allo strano piacere della maglietta umida di sudore fresco e alla freschezza della macchia di bava sgorgata dalla bocca e diffusa su una chiazza circolare a causa della mia abitudine di dormire a pancia sotto, convinto che cambierei idea se solo mi soffermassi sul suo odore. Tanto appena mi alzo mi devo fare una doccia, non importa.

    Butto una mano sul computer, sollevo lo schermo, premo il pulsante seguendo esclusivamente la mia improvvisa voglia di musica anni 60, che mi ricorda sempre l'estate e il riposo assoluto. Col cazzo che butto la mattinata su Game of Thrones o Mad Men, stamattina mi prendo il computer e me ne vado a scrivere sul prato.

    E se poi ti fanno i gavettoni?
Diavolo, esiste gente tanto stupida da fare un gavettone ad uno che sta con il portatile sulle gambe?!?
    Si.
Eh. Allora me ne vado in un posto in cui non si possono fare gavettoni dall'alto.
    Si, ma l'hai sentito il sole? Rischi di friggerti il cervello e l'insolazione.
Dell'insolazione non mi frega molto, però vado all'ombra.
    E il vento?
Non c'è vento, basta! Non passerò la mia giornata senza fare un cazzo! E' troppo tempo che non scrivo!

    Una bella canzone parte e mi abbandono ad atmosfere hippie dal comodo del mio materasso umidiccio e nella penombra della mia stanza. Sono le dieci. In effetti è un poco scomodo andare a scrivere sull'erba con il computer, tanto vale che mi porto l'asciugamano ed un bel libro. Ancora mezz'ora e poi mi alzo.

    Si, ma mi devo fare la doccia, non posso aspettare un'altra mezz'ora. E vabbè, troppo tardi, dieci e mezza. Doccia. Tanto non devo fare un cazzo.

    E dopo una bella doccia non lo vuoi un bel bicchiere di latte fresco?
Mah, quasi quasi.
    Imbraccio la tazza di Paperino, verso un generoso volume di latte, ci sbatto dentro un cucchiaio abbondante di zucchero, mi siedo in mutande sul materasso umidiccio e sorseggio il latte passabilmente fresco a causa dell'idiozia del mio frigorifero. Finalmente una bella canzone da un bel film di Tarantino. Sparatorie in mente, sangue dovunque, latte fresco dal sapore dolce, luce soffusa tipo cella di qualche monastero strano. E ho fame.

    Non c'è nessuna necessità di fare colazione alle undici del mattino, però non ho davvero un cazzo da fare. E' bello fare colazione alle undici. In barba a chiunque abbia da fare, fanculo tutti. Faccio colazione alle undici, dopo 7 mesi che mi sveglio tra le sei e le otto del mattino. Pantaloni corti, cintura, maglietta a caso e giù a fare colazione.

    -...solo per te guarda, è rimasto solo per te!-
Mi arriva sotto il naso un cornetto integrale molliccio che sottraggo alle manie dietistiche di qualche collega in sovrappeso, o più plausibilmente al titolare del bar che fischietta allegro. Finisco il cornetto in fretta, un po' vergonandomi dell'ora in cui vengo a fare colazione. Finisco il caffè e faccio un sopralluogo fuori per trovare un bel posto in cui mettermi a gambe incrociate, con o senza computer.

    Inizio a camminare e a buttare gli occhi su qualche angolo all'ombra di qualche albero, verificando che non sia sotto nessuna finestra e nessun occhio indiscreto. Mi gratto la barba, la testa bollente mentre decido irreversibilmente di tornare a casa dopo neanche dieci metri a causa dell'afa spietata.

    Erano mesi interi che aspettavo questo giorno, eppure non ne ero per nulla soddisfatto. Bruciato ogni piano per dedicarmi a ciò che mi piace in un modo diverso dal solito, tornando a casa sotto il sole delle undici e mezza passate, mi resi conto che l'unica soddisfazione che poteva restarmi era quella della colazione a quell'ora così inconsueta. Eppure anche quello, poco dopo, mi resi conto che fosse solo qualcosa di inutile, inconsistente, frivolo e completamente vano.

    Succede così quando si aspetta un giorno particolare: ci si tiene così tanto che si passa così tanto tempo a programmarlo che ci si dimentica di viverlo nella maniera più semplice.

    Poco a poco, il cielo si riempie di nuvole di pioggia. Dice su internet che da venerdì diluvierà per una settimana intera. Come ogni volta, proprio quando voglio andarmene in giro, in quei pochi giorni di respiro e riposo tra un esame e l'altro, il tempo diventa orribile e non posso fare nulla.

    Tanto non avrei fatto un cazzo lo stesso.

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