martedì 16 luglio 2013

Giallo.

      Signori, signori! Se sono qui oggi è per presentare un'idea fantastica. Qui ci vuole un po' di modernità. Queste case dello studente potevano andar bene negli anni di piombo, questi palazzoni strani, che i bambini quando passeggiano con i loro genitori non sanno neanche che cosa ci fanno dentro (e figurarsi i genitori come dovrebbero fare a rispondere ai loro dubbi), questi edifici stantii potevano andar bene tanti anni fa! Ma ora, ora i giovani cercano qualcosa di nuovo! I giovani adorano l'estero, adorano l'esotico, quello che vedono nei telefilm! E diamoglielo, per Diana!

      Il cortile strano di mattonato casalingo da esterni circonda i blocchetti stile lego immersi in chiazze di verde versate a caso da una brocca piena di acqua e sciroppo alla menta in un giorno d'estate. Ogni tanto qualche panchina. Gli alberi gridano insensatezza, prelevati da ogni posto d'Italia e costretti al reciproco imbarazzo ed un tabellone giallo sbiadito da qualche estate reclama l'esistenza di una specie di ecosistema qui dentro. Caro signor architetto designer di esterni (e magari pure di interni), cosa ti ha fatto pensare che questo poteva in qualche lontano modo ricordarmi un telefilm americano?

      I ragazzi arrivano a trovarsi nello stesso imbarazzo tra una quercia del Piemonte e un albero strano del Sannio, che potranno avere senz'altro molto da dirsi, ma insieme al cespuglio delle Marche, al roseto della Campania e alla cicas di importazione finiranno per fare piazza. E alla fine il telefilm americano ce l'avevamo già nei paesini qualunque di ogni posto qualunque, solo che qui a far piazza ci sono persone da ogni angolo.

      Un paio fornica nella penombra e cammino in compagnia. I fari intorno gridano di giallo coni di sentiero morbidamente asfaltato, a dar tregua al tremendo mattonato rossastro. Finestre gialle di vetri gialli con tende gialle attendono verdetti alla luce, mangiando angoli alla notte. Si parla e ci si siede. Le infradito scricchiolano sulla ghiaia irrigata per sbaglio, in lontananza il deposito dei bus languisce faretti multicolore di giallo. La luna al tramonto si inzuppa di follia sanguigna, e gli occhi bianchi della notte non vogliono farsi vedere.

      Il bello è che non c'è molta gente. Non c'è nessuno, ed ogni eventuale gruppo si tiene a debita distanza dagli altri. Ogni palazzetto urla di giallo dalla bocca, e i ballatoi sembrano corridoi carcerari con porte in alluminio per ogni cella. Le cavallette sferzate dal freddo gentile si trascinano in una sera troppo fredda per restare con bermuda e infradito, tra discorsi di un certo spessore. Se sei sotto esame, non hai tempo per questo. Studiare assorbe ogni cosa, anche la voglia di guardar fuori dalla finestra. Non te ne frega un granchè di niente, studi e basta, poi arriva l'ansia delle ore prima, ed è tutto in funzione di quella data.

      Cerchi di star comodo, dieci minuti alla scrivania, dieci minuti in piedi, dieci seduto all'indiana sul letto, eppure la plafoniera gialla spietata resta sempre quella. Apri la finestra, ma il Sole non è un granchè diverso. Sputa raggi gialli sul pavimento verde, senza neanche preoccuparsi dell'accostamento. Finchè anche il Sole folle e giallo sta nel cielo, finchè continua il mattino, va tutto bene. Scende il tramonto, con gli occhi cerchi di aggrapparti all'ultimo filo giallo del pallone di fuoco che corre via per un calcio troppo forte, ed ogni studente lo guarda e con gli occhi grida "Palla!", come se qualcuno potesse ridarglielo indietro. Ed è notte, i lampioni gridano indietro istanti di quel Sole che è andato via, reclamano alla povera notte istanti di giorno, come il pazzo che cerca di tagliare anche il piatto dopo aver finito la bistecca.

      E la follia del Sole è crudele nel giorno cruciale. Grida storie di mare, di passeggiate anni prima e di amori mai nati, strappa istanti al passato senza pietà, mentre il presente languisce in ogni angolo. Oggi c'è l'esame. Entra negli occhi e inietta follia, sguardi di piccoli uomini come maiali al mattatoio, i macellai calano scuri di inchiostro sulle loro giugulari, schizzi di sudore e spruzzi di fatica. E' un momento, e poi basta.

     L'atrio pullula di anime di maiali morti scannati, con numeri dallo zero al trentellòde. I macellai stanchi vanno a fare quello che fa un macellaio dopo la mattanza, e le anime vagano un po' dove gli pare.

      La sveglia suona come un amico trascurato, "ma oggi non studi?"  "E perchè?". Perchè studiare. Perchè alzarsi. Perchè esiste il mattino. Perchè. Mi alzo, e non so cosa faccio. Ieri a 48 ore studiavo, oggi faccio il bucato, lo faccio a mano per perdere tempo. Il Sole amorevole, follia è sconosciuta. Il giallo del pallone di fuoco redime le anime perdute e la plafoniera ammansisce il pigrone. Ed è lecito stare tre quarti d'ora sul cesso, è lecito tutto, non hai veramente un cazzo da fare.

      Ed è mezzogiorno, e non hai un cazzo da fare. Il Sole giallo è così dolce che alla lunga rompe i coglioni. Chiami qualcuno, state insieme, ma dopo un po' è come se aveste finito le cose da dire. State seduti, un'ombra gialla entra dalla finestra e danza immobile sul tavolo. E ora che si fa?

      Il libro è chiuso, ed aspetti la notte, aspetti la sera, perchè la sera ti ispira. Stasera non dormo, stasera faccio casino e basta. Stasera sto sveglio, stasera non c'è il Sole, basta con questo giallo, voglio il buio. Decido io dove ci sia la luce, decido io di star sveglio, di evadere dalla follia generale, che per qualche giorno non mi colpirà. Basta.

     La sera di colpo arriva, ed eccoti lì, con le infradito con il tempo che fa, con il freddo che ti passa tra i peli e le cavallette che camminano a fatica. Parli e la notte continua, la notte va avanti. Hai aspettato la fine del giorno, hai aspettato che il Sole andasse via, che ti lasciasse stare con il suo bipolarismo. Poi ci si saluta, che gli altri hanno sonno. E tu sonno non hai. Vai a letto, ti metti il computer sulle gambe ed inizi a scrivere finchè è notte. Il giallo non lo sopporti più, eppure se è solo il tuo, se è solo la tua stanza, è un giallo tranquillo, è un giallo sopportabile. Finalmente notte, finalmente scrivo, di nuovo. Finalmente la follia non mi tocca. Finalmente non sono sotto esame. Finalmente la notte è mia amica, non ho bisogno del giorno, non ho bisogno del Sole.

     Finalmente notte. Ora cosa fai?
     Oh, beh, aspetto che fa giorno.

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