sabato 11 maggio 2013

Ritorno.


      Stava comodo steso lì, bello al coperto da tutto, in silenzio ad aspettare qualcosa. Il freddo era steso sul suo viso, mentre un profumo di fiori e incenso entrava prepotentemente nel suo naso. Aveva dormito benissimo, era perfettamente riposato e si sentiva in grado di fare qualunque cosa. Guardava il soffitto, indeciso se alzarsi in quel momento o un po’ più tardi, aspettare ancora e godersi il suo essere immobile. Si alza sui gomiti per superare i bordi del letto e davanti a sé ritrova una croce di bronzo su un piccolo altare.

      Le parole crociate sono un ottimo passatempo, soprattutto se il proprio dovere non è caratterizzato da una grande mobilità. Non succede nulla di eccezionale, bisogna solo aprire i cancelli, suonare la sirena verso le sette di sera, chiudere e andare a casa a mangiare pane e pomodoro. Non va via nessuno, al limite qualcuno entra, ma nessuno ha cattive intenzioni. Un lavoro di attesa, una passeggiata di tanto in tanto, niente di straordinario. Aspettava, tra il 15 verticale e il rebus a fine numero, aspettava che fosse l’ora.

     Qualcuno bussa timidamente alla porta. Sbatte l’enigmistica sul tavolo mentre Carlo Conti elimina un concorrente e va ad aprire. Non ha parole, né gesti, né nulla da dire. Guarda terrorizzato il senatore, che umilmente gli chiede un bicchiere d’acqua. Nella sua carriera non aveva visto nulla di straordinario, ma quella sera aveva dato uno strano senso al suo lavoro. Il senatore lo guarda, aspettando all’uscio del gabbiotto, ripete la sua richiesta al custode, che lentamente si gira a soddisfarla. Il senatore aspettava in silenzio, mentre il custode sudava freddo e non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Gli porge il bicchiere, prende il cellulare e chiama il 118.

     Arriva l’ambulanza, la polizia, i carabinieri, la stampa e anche i disturbatori televisivi. Sono tutti lì, a metà tra lo sconvolto e il curioso. I paramedici non trovano nulla di strano, malgrado la strana esperienza stava bene, decidono di portarlo comunque in ospedale. Il senatore non aveva bisogno di aiuto, camminava sulle sue stesse gambe affiancato dai paramedici sconvolti, uscendo dai cancelli del cimitero mostrava la sua strana smorfia che somigliava ad un sorriso. Appena uscito dal cancello del cimitero, i flash lo abbagliano, mentre mugolii di stupore si diffondono intorno. “Sto bene, state tranquilli!”. Il senatore fa tutto da sé, sale sul retro dell’ambulanza, si siede sul lettino e viene portato in ospedale.

     Tutto il team dei medici si precipita nella stanza del senatore, steso sul letto e vestito di un pigiamino sotto le coperte. Le analisi parlavano chiaro, il senatore stava benissimo, il cuore di un ventenne, le arterie di un bambino, i polmoni di un'aquila. Malgrado la sua età avanzata e le condizioni in cui lo avevano lasciato prima dei suoi funerali, in quel momento erano completamente all'opposto. La scienza non ha parole per tutto questo, i medici lo guardano mentre innocentemente mangia la sua minestra di zucchine ospedaliera, insipida e ipocalorica.

    I giornali non parlano d'altro. Tutti sono sconvolti, il senatore è tornato tra noi. Guarda la televisione, steso a letto, sogghignando per tutti quelli che lo credevano morto. A guardarlo da lontano sembrava che sapesse tutto, che non fosse sorpreso dall'evento. Per essere il secondo resuscitato della storia, era parecchio tranquillo. In realtà neanche lui aveva idea di come mai fosse stato riportato in vita. Lui era lì, però, se lo chiedeva tra un sogghigno e l'altro, divertendosi, come suo solito, a guardare la gente che lo vede come il diavolo in persona. Li aveva fregati tutti.

    Tornato a casa, ritrova i suoi affetti, così felici di ritrovarlo. Dolcemente, pranza assieme a tutti e torna nella sua stanza. Un po' stanco, indossa il pigiama, apre il cassetto dell'armadio, butta una mano per prendere un paio di calze e la sua mano tocca qualcosa di lucido. La stringe tra le dita e la riporta alla luce, dopo anni che non l'aveva ritrovata. Era lui, da giovane, accanto ai suoi vecchi amici, che lo avevano lasciato prima di lui. La tristezza lo invade, finchè non ascolta un fuoco nascergli nel cuore.

    Il senatore è sparito. Non si trova più. Non si sa dove sia finito. La famiglia, o quel che resta, disperata per averlo prima ritrovato e poi perso nuovamente, lancia un appello in televisione, perchè possa ritrovare la sua strada di casa. Magari confuso, ha deciso di fare una passeggiata e si è smarrito, magari come quelli che spariscono ed escono a "Chi l'ha visto", in fondo anche la sua era un'età avanzata.

    Sulla spiaggia non c'era nulla, se non il senatore disteso ancora con il pigiama addosso. Con varie testimonianze, salta fuori che il senatore aveva deciso di tornare ai suoi albori. Con gli organi da giovanotto che si era ritrovato, aveva fatto tantissima strada, tutta da solo. Aveva comprato alcolici, aveva bevuto, aveva fatto passeggiate tra i boschi, aveva visto i tramonti, le albe, le aurore. Aveva visto l'arcobaleno.

     Le orme dei suoi piedi scalzi ricalcavano tutta la strada che aveva fatto, fino a quella spiaggia. Non aveva ripreso fiato un solo momento, e di colpo la stanchezza lo ha colto. Cadde sulle ginocchia, stremato. Il sudore colava sul suo viso, e guardando il sole sorgere aveva capito il motivo del suo ritorno. Gli avevano dato un'opportunità, gli avevano dato il modo di rivivere anche quello a cui aveva dovuto rinunciare, Iddio o qualunque altra cosa lassù. Tutti abbiamo il diritto di farlo, e almeno di rifarlo una volta in più, di godere il mondo appieno nella sua straordinaria semplicità. Nel momento in cui lo capì, il suo corpo ritornò vecchio. Cadde sul petto, la faccia rivolta al sole, la sabbia sulle guance.

     Come Pasolini.

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