sabato 4 maggio 2013

Rabbia.

    "Ragazzi fate i bravi, che già si muore di caldo." Il professore di chimica iniziò così la prima lezione davanti ad una folla di trecento e passa persone. In seconda fila, in mezzo alla mia stessa razza di secchioni interessati a dare il meglio di sè sin dall'inizio, ridevo alle sue battute. Un uomo schietto pare, in qualche maniera. Se la tirava tantissimo, giustamente, dopo un imprecisato periodo di missioni in Africa e un imprecisato motivo di abbandono della professione medica per insegnare chimica a medicina. Anche io al posto suo me la sarei tirata. Raccontavano storie strane su di lui, che fosse un donnaiolo. Non mi è mai piaciuto seguire queste voci. Per quello che mi riguardava, poteva fare ciò che gli pare, l'importante è che facesse comunque il suo dovere.

    "Inizieranno a breve le esercitazioni, dove solitamente si rimorchia. Se dovete rimorchiare, però, rimorchiate in biblioteca, che state comodi e che non vi vedo io.". Tutti ridono e negli occhi brillano immagini di film americani stupidi da incassi imbarazzanti in madrepatria, ma con un enorme successo in Italia. Il ragazzetto col maglioncino, figlio di una famiglia bene di provincia, che si allunga sul quaderno della ragazzetta tutta in tiro, figlia di una famiglia bene di provincia, per rubare un bacio con la scusa del peso atomico del carbonio. Musichette imbarazzanti e strane figure che ballano in fondo all'aula.

     Ebbene si, rimorchiare in un aula da duecento posti quando si è in trecento è molto facile. Quantomeno, per sapere il peso del carbonio non ti devi allungare troppo. Puoi anche avere un'idea di quanto sia difficile per una sardina trovarsi in una scatola di sardine. Non si sta tanto stretti nemmeno ai circoli degli anziani, con il tipico odore di aria consumata e i colpi di tosse catarrosi, che sono anche più sopportabili rispetto alle alitate di panini al tonno, sigarette, caffè, e immancabile sudore emanati dai miei colleghi alle ore 14 circa. Ero sicuro di dare anche io il mio contributo, ma di sicuro la doccia l'avevo fatta e mi sentivo ben apposto con la coscienza.

     In situazioni del genere, un posto a sedere è fondamentale. Evitare le zone alte per non morire asfissiati, anche se per un posto a sedere in queste situazioni ci si venderebbe i reni. Alle 13 e 10 l'aula è semideserta, ma tutti i posti sono occupati. Basta poggiare un oggetto sul banco. Un quaderno, un diario, una carta di giornale, la propria dignità. Mai il proprio sedere, senz'altro, che ci vuole la sigaretta o la merendina della mamma prima di far lezione. Con la calma del protagonista di "giorno di ordinaria follia", trovo un posto alle zone alte, scanso la dispensa di anatomia firmata da un tale, poggio il mio zaino e il mio sedere stanchissimo. L'amica del tale, ad un posto più in là, mi guarda allibita e afferma che il posto sia occupato. Beffardo, rido e dico "E' vero, il posto è occupato, mi sono seduto io." "Si, ma...c'era la dispensa, era occupato..." "Eventualmente ci facciamo più stretti, non penso sia una richiesta assurda. E non penso neanche che una cosa del genere sia tanto corretta..." "Ma calmati, Dio mio, sei proprio uno stronzo..." "No, sono semplicemente stanco di stare in piedi".

     Arriva il tale. Vestito bene, non dice nulla. Non dico nulla nemmeno io, molto tranquillamente aspetto con le braccia conserte evitando di chiudere gli occhi e resistendo all'immane desiderio di caffè. Arriva un amico del tale reclamando il suo posto e il tale inizia a gridare contro di lui. Io attendo in silenzio, ascoltando sbandierare tutti i fatti dell'amico dal tale molto nervoso. L'amico, quasi in lacrime per l'imbarazzo, cerca di parlare, ma viene sovrastato dal tale che vomita romanesco. "Te nun te devi fà più vedè. Chi tte conosce? Chi  sei te? Vedi d'annàtte a fà 'n giro, va. Che già qui le cose non funzionano, che già sto nervoso per colpa di qualche stronzo che non rispetta le regole", dice guardando me. Prontamente dico "Io mi sono solo sed..." "Te vedi de sta' zitto che te rompo er culo.". E di litigare alle 14 non ha voglia nessuno, se non lui, che continuava a vomitare la sua giovane rabbia repressa per difendere i suoi diritti calpestati, mentre i gemelli alla giacca tintinnavano e le righe del gessato facevano terremoto.

     Mi sa che il pazzo non ero io, in quanto tutti guardavano il tale come un invasato. Io evitavo di farmi mettere in mezzo, e per fortuna così è stato. Il tale si siede vicino a me, inizia l'esercitazione. Improvvisamente mi chiede di prestargli la calcolatrice. Lo guardo spaventato e gli porgo la calcolatrice piano. "Si, è vero, mi sono scaldato un po', ma in realtà non sono una persona catt...", lo interrompo dicendo "Buono o cattivo è meglio che non dici niente."

     La Roma ha perso ieri, ed oggi c'è l'orale di chimica. E se la Roma ha perso, il professore è veramente incazzato. E se il professore che fa l'esame è incazzato, allora non c'è salvezza. Sguardo assente, mani giunte, non guarda in faccia nessuno. "Senti, guarda, succedono tante cose. Ad esempio, ieri la Roma ha perso...e tu torni al prossimo appello." La ragazza si alza in lacrime raccogliendo il libretto, e la voce gira in tutta l'aula. Storie del genere spaventano abbastanza. Soprattutto se ti ritrovi vicino a lui alle 17 dopo interrogazioni continue a partire dalle 9 del mattino.
     
     Domanda impossibile, e non ci so rispondere. Visibilmente incazzato, propone altro. Sparo giusto. Propone altro, sparo giusto ancora, inizio a disegnare il saccarosio con i legami giusti, poi inizio a non trovarmi coi conti. "Guardi professore, giusto qui non riesco a trovarmi con i conti, ma non riguarda il legame in sè..." "E mi sa che non ti trovi di molto con questi conti." Mi guarda incazzato, ma prontamente dico "No, un momento. Il legame è corretto, è corretto tutto, solo che non riesco a trovarmi con questi..." "Ah, giusto, si. Hai ragione, non importa molto. Scusami. Ultima domanda...". Colpito e affondato. Propone un voto senza infamia e senza lodo, visto che la Roma ha perso. Epperò, che stronzo, poteva alzarmelo. Non è basso, ma non mi soddisfa comunque. Ci tenevo a quest'esame. Mi faccio due conti e accetto. "Bravi, accettate tutto, ci si vede in giro." Mi porge incazzato il libretto, lo prendo, raccolgo la borsa e vado via augurandogli in silenzio di scambiare lo zucchero col sale.

     Ed è come un geco, sale sui nervi, prende tutto e via. Ti incazzi. Ti incazzi per la Roma che perde. Ti incazzi se ti fregano il posto. A seconda di quanto male può fare la tua rabbia, si manifesta il tuo potere. Più o meno fragorosamente si esercita la propria rabbia, più è evidente la propria forza, finchè, ad un tratto, di colpo, le persone attorno non iniziano a trattenere le risate.

     E' quell'emozione che sale quando incontri quella persona che non volevi incontrare, proprio nel momento in cui ti riposi. Sbarri gli occhi, interrompi il tuo discorso con i tuoi amici, che ti guardano come se avessi avuto un ictus, interdetti, mentre senti il geco lungo la schiena congelata e per l'imbarazzo giri dall'altro lato la faccia paralizzata.

    E' l'emozione che sale quando ritrovi pezzi di quella parte della tua vita dedicata a persone sbagliate, e seduto sul pavimento in un giorno di Luglio, trovi la forza per strappare di netto in due parti un quaderno a righi con dentro scritti i segni di tutto ciò.
    
     Ebbene si, un uomo incazzato è un uomo grottesco, ridotto alle pezze di se stesso. Un uomo che grida per allontanare i piccioni e si scatena per non farli tornare è semplicemente ridicolo. Gli basta vestire la sua faccia per far ridere, più o meno senza controllo. Arrabbiarsi è rendersi ridicoli, e inevitabilmente perdere tutto il potere che si ha, farlo cadere in frantumi senza recupero. Un uomo forte non ha bisogno di esercitare il suo potere, lo detiene e basta. Se lo esercita, mostra la sua paura, la sua infima debolezza senza recupero.

   Eppure, al di là di tutto, la rabbia rigenera. Che sia un vaffanculo silenzioso, urlato, sussurrato, pensato, nulla ricostituisce le forze più della rabbia. E come fenici, si rinasce, si va avanti. E il segno di quel giorno in cui ti sei arrabbiato, resta per sempre, è un battesimo autonomo, una festa infuocata in cui trionfa la voglia di vivere.

     Non ho mai seguito il calcio, ma dal giorno in cui ho dato chimica, sono contento quando vince la Lazio.

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