domenica 2 dicembre 2012

Merda.

 "Non la prendere alla leggera. Sarà un anno pessimo, non tanto per lo studio, anche se nei primi mesi non capirai davvero nulla, quanto per la solitudine. Troverai compagni con cui non riuscirai a trovarti d'accordo, e per trovare quelli davvero simili a te ci metterai molto tempo. La cosa peggiore del primo anno all'università è la solitudine.".

  Ormai sparano pallottole vere. Non c'è tempo per scherzare ed io ho iniziato a lavorare sin dalla prima settimana. Appunto su appunto, mi è capitato di chiedermi quanto potesse essermi utile ciò che stavo studiando. E pensavo che anche se fosse merda ciò che studiavo, anche se davvero fossero materie inutili, senza averle studiate non potrei diventare quello che vorrei. Se è merda che bisogna spalare, sarà meglio spalarla con il miglior entusiasmo possibile.

  La volontà. Arrivi a volere quanta più merda possibile, tutta insieme, così se arriva il peggio si può essere pronti. Ne voglio ancora, voglio tutto il peggio e lo voglio ora.

  Seguire le lezioni è molto semplice. Basta mettersi alle prime file, guardare spesso l'insegnante, farsi vedere, farsi vedere sempre e prendere appunti. I primi giorni è stancante, ma se lo si vuole davvero si può anche superare i propri limiti. Ne vuoi di più, vuoi ancora più merda addosso. E la merda me la cerco, studio a pomeriggio, e la sera mi riposo. E se non mi bastano tre ore di riposo, le tolgo via al sonno. Tanto mi sveglio presto comunque.

  Non ero mai nemmeno stato in biblioteca. Ed è un bel compromesso, la biblioteca. Uscire da lezione, sedersi lì, stare zitto a studiare per 4 ore di fila, uscire e spassarsela a casa, trovarsi con i colleghi per giocare a carte, vedere un film, senza più toccare una penna fino al mattino dopo. La soddisfazione di andare a letto all'una dopo una sera di riposo assoluto con la consapevolezza di aver fatto abbastanza. Roba che invidierebbe qualunque liceale brufoloso.

  Il giorno dopo a lezione, dopo lezione biblioteca e a letto all'una. Arriva un giorno che non capisci un cazzo. La lezione è lenta. Giri su te stesso come un palo di ferro, sul tuo sedile duro di compensato lucidato. La senti, la testa che gira, non ce la fai, meno male che c'è il registratore. Si, fai si, sempre si con la testa. Quanta polvere c'è per terra a casa. Ha ragione, ha perfettamente ragione, non c'è niente di più giusto di quello che sta dicendo. Stasera ravioli. E certo, certo, giusto così.

  Ti guardi intorno e scopri che non sei l'unico. Vedi altri individui trottolare sul posto, annuendo, immersi tra il profumo di ravioli e le leggi dei gas. I più sfacciati si coricano sulla felpa e vanno tra i campi elisi. Io voglio altra merda. Voglio resistere. Non voglio proprio mollare. Benedetto quarto d'ora, il caffè, ci vuole il caffè.

  Il rumore del bar è assordante e la fila sempre così grande. Parli di cazzate con il collega e la stanchezza scema già. Macchiato, senza zucchero. Dio, che caffè. La senti nelle ossa, la caffeina, nuovo come mamma mi ha fatto. Anatomia. Materia nuova, e il professore regge a parlare per due ore consecutive. Non dà retta agli idioti che fanno battute idiote, ai sognatori usciti di casa con il pigiama. Lui parla, resistente come il chirurgo, anche perchè è proprio un chirurgo. Non sono due ore di fronte a quattrocento mocciosi a stancarlo, no di certo.

  Il chirurgo parla e i mocciosi abioccano spesso, qualcuno per volontà e qualcun altro anche per sbaglio. Cerco di seguire, eppure mi rendo conto delle assenze di qualche frazione di secondo. Assenze concrete, pezzi di frase che mancano. La scapola è un piatto posteriore spinoso, chiaramente un'ala. Meno male che sto registrando.

   Finita la lezione, pranzo e caffè. E l'occhio stanco cade sul frigo. La lattina lunga, la scritta rossa. Due euro e cinquanta. Frizzante, sa di benzina ed è veramente potente. Biblioteca e due capitoli in 3 ore, tutti d'un tiro, senza alzare la testa dal libro. Il giorno dopo ci riprovo, lattina e Art Blakey che sbatte sui timpani. Una macchina da studio, 4 ore di immersione e poi la sera riposo. Mai così pieno, mai così a prova di proiettile.

   Il quarto giorno non reggevo. Lattina e così tanta stanchezza da fare la guerra con l'effetto della lattina. La mano immersa nella mia frangia troppo poco ribelle regge la mia testa. Esattamente a metà, tra voglia di dormire e il desiderio di tenere aperti gli occhietti, altrimenti sbatto il naso sull'atlante della biblioteca. Abiocco in biblioteca. Sonny Rollins mi riporta in vita dopo 5 minuti e studio come un dannato. Basta lattine, basta per un po'.

   La caffeina è una droga legale. E' la droga meno pericolosa di tutte perchè quando ne assumi troppa te ne accorgi e smetti da solo. Non puoi diventare dipendente dalla caffeina, al limite puoi assuefarti. E se voglio che la lattina funzioni, devo fare più piano. Anche stanotte resto sveglio abbastanza per vedere sull'orologio le 2:13. Non è colpa mia, o forse si. La collega mi fa "Ehi, devi smetterla con queste lattine, fanno malissimo.". Io rido. 


   Nessuno sembra capirlo, ma la sera dopo lo studio ne vuoi ancora. Gli altri dormono e tu non vuoi dormire. Perchè dormire, che senso ha dormire quando si ha ancora forza? Che senso ha mangiarsi la notte quando si ha abbastanza forza per viverla?

   A volte hai bisogno di stare con quello che può capire tutto quello che fai. A volte hai la fortuna di non averlo troppo lontano. Così, una sera, zitto zitto, te ne stai con lui, parlate tra qualcosa di stimolante e una partita a PES, ci si sfoga, lui lo sa e tu lo sai. Parlate, il sonno non importa più a nessuno, che te ne fai del sonno quando hai abbastanza forza per volere altra merda?

   Insieme a lui, un pugno di persone con cui parlare liberamente, ché anche loro parlano liberamente con te, che ce le vorresti pure più vicine per giocare a PES o fare qualunque cosa pur di farla insieme a loro. E in quei momenti, o li trovi, oppure è meglio che te ne stai da solo.

   La passeggiata catartica. Felpone e via da solo. Mani in tasca. Non me ne frega niente se mi prendono per pazzo. Sto solo camminando, mi sto solo riposando. La pioggerella fresca batte sul viso e sul cappuccio, mentre la notte fresca infarcisce le narici golose. "Ma ti ho visto l'altro giorno, te ne andavi tutto da solo...ma che facevi a quell'ora?". Non capisco perchè a tutti fa così tanta paura la solitudine. Vivere da soli è orribile, ma a volte il momento da soli, il quarto d'ora con te e nessun altro è necessario. La lattina ha finito il suo effetto e per oggi basta con la merda.

   Il cielo è un po' coperto, piove, eppure le nuvole non nascondono le mutande del povero Orione e la sua cintura. Guardo il cielo. Un palloncino rosso sale sempre più in alto, dritto contro le nuvole.

    Ho troppa voglia di vivere per avere più tempo per dormire.

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