martedì 7 agosto 2012

Suonare.

   Quando ero piccolo ho iniziato a suonare il pianoforte. I miei mi comprarono una bella pianola della Casio, un "sintetizzatore", dicevano, uno tra i migliori di allora. Usato, però in ottimo stato, mi serviva per esercitarmi per le lezioni di piano che prendevo da una maestra. Era una donna un po' strana, aveva la casa piena di oggetti da vecchia, con un figlio brufoloso sulla ventina che non faceva che leggere Topolino e giocare alla playstation.

    Aveva una gabbietta per criceti vuota in corridoio e la sua casa puzzava sempre di chiuso. Aveva un bel pianoforte a coda, di quelli da concerto, una cosa serissima. Solo che io ero molto piccolo per poter suonare roba seria, così per il primo anno e mezzo non ho fatto che suonare le cazzatelle da manualetto dell'apprendista scemo. Come tutti i bambini piccoli, avevo la presunzione di essere grande e volevo le cose difficili.

    Una volta la maestra ci ha raccontato che aveva dietro una storia assurda, di un marito infedele e bastardo, che si era trasferita da Chieti fin qui per motivi assurdi e che stava male, male davvero. In un silenzio generale di imbarazzo, per salvare la situazione chiesi cosa ci facesse da tanto tempo quella gabbietta per criceti vuota nel corridoio. Ci disse che la bestiola che ci viveva era riuscita a scappare da lì dentro sotto i suoi occhi e, decisissima, si buttò dal balcone in un balzo solo. Dopo la mia infelice domanda, iniziò a piangere.

    Quella volta, mentre parlava, mi sono chiesto davvero dove cazzo le venisse la voglia di dare lezioni di piano a piccoli mocciosi. Poi il tempo era finito, mia madre aprì il portafoglio e mi si accese una lampadina. Un giorno ci disse che non poteva fare più lezione perchè aveva traslocato, era partita a Trieste, mi pare. Di lei non ho saputo più nulla.

    Dal pianoforte sono passato alla chitarra. Per il mio compleanno, mio fratello mi regalò una chitarra da apprendista per imparare a suonare, una di quelle che non costano molto. Solo che non volevo rinunciare alla piscina, così ho iniziato ad arrangiarmi da solo con la chitarra. Ho iniziato a fare i primi accordi, solo che avevo le mani troppo piccole e dopo 5 minuti mi facevano male le dita per lo sforzo. Presi l'impegno con me stesso di riprovare l'anno dopo. Effettivamente, l'anno dopo andò un poco meglio.

     Mi stava piacendo di brutto, anche perchè un mio amico mi ha dato un po' di consigli su come imparare a suonare, suonavo anche due ore al giorno e ho iniziato con le prime canzoni. Mi sarebbe piaciuto saper strimpellare qualcosa, così, per suonare sulla spiaggia. Ad un certo punto mi sono reso conto che sebbene gli accordi mi uscissero bene, mi mancava una cosa sola. Una cosa imprescindibile, che ti distingue dal musicista idiota e presuntuoso, che ti porta un po' più vicino ad un musicista che suona live at semaforo: il senso del ritmo.

    Non suonavo. Zappavo. Non facevo scivolare il plettro sulle corde su e giù, armoniosamente, come un qualunque Eric Clapton o un Gigi D'Alessio a caso (Dio mio, anche lui ce la fa). Zappavo bene da Dio, quantomeno. Così, per senso del pudore, ho lasciato. Meglio lasciare, meglio abbandonare che suonare male credendo di suonare bene.

    Quello che non mi manca, dicono, è una voce niente male. Sembra che sappia cantare bene, su certe tonalità. Così ho iniziato a cantare, e mi piaceva, mi piaceva tanto, soprattutto quando mi facevano complimenti. Cantare mi fa sentire bene in certi momenti. Canto quando sto bene, quando sto male, quando sto a metà, canto sempre. E poi non è così impegnativo come lo strumento, basta aprire la bocca e far uscire qualcosa di più simile possibile ad una canzone realmente esistente.

    Poi di essere tanto incosciente ho smesso. La giostra ha iniziato a farmi venire un po' il mal di mare, e anche molto in fretta, tutto questo nel giro di due mesi. Tante piccole certezze sono  venute meno, persone sono andate via, e da un bel castello che avevo tirato su, mi è giusto restato un pugno di sabbia. La classica fase di cambiamento, di passaggio, quella fase che capita a tutti prima o dopo. Quella fase che per la prima volta nella vita puoi davvero dire "sto male". E così, da un giorno all'altro, mi sono ritrovato con così tanti pensieri in testa che ho pensato: "Dio mio, vorrei saper suonare.".

    Niente è perduto. Ho tirato via la zip del fodero, ho estratto la chitarra in letargo, mi sono seduto e ho iniziato ad accordarla. Ho preso lo spartito della versione acustica di Hey Ya e ho iniziato a suonare. Niente, nemmeno a volerlo. Ci sono stato su un pomeriggio intero, diavolo se riuscissi a smettere di zappare. Un po' dispiaciuto, ho rimesso la chitarra nel fodero e sono andato a studiare.

    Ci sono momenti in cui vorrei saper suonare uno strumento. Mi piacerebbe prendere e suonare, così, anche di sera tardi, per non pensare a certe cose. Sono convinto che la maggior parte delle persone che suona uno strumento musicale lo fa per sfogare la propria rabbia attraverso qualcosa di splendido. E' per questo motivo che quando sei molto piccolo o incosciente non hai troppa voglia di imparare a suonare uno strumento musicale, semplicemente perchè non ti va, non ne hai bisogno. Poi arriva sempre il momento in cui sei abbastanza grande per iniziare a capire che nella vita certe cose non te le scrolli di dosso così, su due piedi, così ti viene voglia di suonare qualcosa, ma non ci riesci.

    "E ti tieni la voglia", diceva qualcuno. Ti fai una doccia e vedi che ti passa. Acqua fredda in questi casi, per farti scivolare via tutto quanto, magari anche una lacrima. L'acqua scorre. Mi soffio il naso, e il fiato mi viene per i Killers a mezza voce, per fortuna. Mi viene in mente la maestra di piano. E capisco anche quella donna esaurita, che non si è mai abbastanza vecchi per la musica. Anche se non si sa cantare, anche se non si sa suonare, ogni tanto bisogna farlo, altrimenti non ce la si fa in certi momenti. Bastano anche 5 minuti e il sorriso torna.

     Un secolo fa, un soldato dei nostri in trincea sul Carso era molto preoccupato. I nemici erano vicini e la trincea scarseggiava di rifornimenti. Così ha iniziato a cantare. E un suo compagno di fianco, all'inizio un po' scocciato, sospirò e lo capì. Prese un coltello e incise sulla parete di una roccia umidiccia le parole: "Canta che ti passa".

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