martedì 10 luglio 2012

Dormire.


      Non ho mai capito come mai i miei coetanei vivono il momento del risveglio così dolorosamente. Tutti quelli che conosco e che ho conosciuto mi hanno sempre parlato di una vera e propria fatica di svegliarsi, di un torpore difficile da vincere, del dolore lancinante agli occhi quando accendono la luce, della sensazione di galleggiare in un barile di olio. Mi sono da sempre svegliato senza fatica, alzato dal letto come da una sedia, soddisfatto del mio sonno e sentito il mio corpo attivo come chi ha appena preso un caffè.
       
      Sono passati diversi anni così, finchè un giorno anche io mi sono svegliato male. Anche io appena sveglio ho avuto gli stessi sintomi da sopravvissuto in una catastrofe nucleare, gli occhi appannati, il dolore della luce e tutta quella roba lì. In quel momento ho capito l’importanza del caffè, da quel momento per svegliarmi ho avuto bisogno di un appoggio concreto. Non ne capivo il motivo, ma di colpo era così e non più come era prima.
     
      Nelle mattine a studiare per questo fottuto esame orale, tra un libro e l’altro, non vedevo l’ora che fosse pronto da mangiare per poter avere il tempo, dopo mangiato, di andare a dormire. Neanche questo mi era mai accaduto, come altrettanto stranamente accadeva che, dopo il pranzo, quell’oretta che prendevo per riposare in realtà mi stressava più di ogni altra cosa. Con tutto il ventilatore acceso, non facevo che rivoltarmi nel letto, sudare dalla schiena, cambiare posizione, sudare dalle ascelle, cambiare ancora posizione, sudare dalla pancia, sudare dal naso, sudare dalla fronte finchè il sudore non era così tanto da passare attraverso le sopracciglia e arrivare a bruciarmi gli occhi. Quando, inutilmente, dopo un’ora la sveglia suonava, ero più stanco di prima e costretto ad aprire di nuovo i libri, ad aspettare la sera per riposarmi e, anche di sera, rivivere tutto quello che era successo a pomeriggio. Roba da tossici in astinenza.
      
      Il bello è che per l’esame non ero affatto preoccupato. Non lo sono mai stato, non era l’esame il problema. Il problema era la fatica di prendere sonno e di svegliarsi.  Credo che sia questa la vita dei grandi: avere una giornata di merda in cui lavorare in funzione del momento di riposo, avere il momento di riposo in cui non è possibile riposarsi, finire il momento di riposo e ricominciare a lavorare in attesa del prossimo momento di riposo.

      Non posso negarlo, è tutta colpa dei brutti pensieri. Tutta colpa di quelle cose che se ci pensi non ti fanno concludere un cazzo. E non solo, ma quando ci pensi non ti lasciano proprio più, non ti fanno concentrare su nient’altro che quelle cose. Le cose che non ci dormi la notte.

      Ecco, credo che serva a questo trovare un lavoro, in sostanza. Trovare del tempo in cui avere qualcosa da fare per non pensare durante il giorno a quelle cose che non ci dormi la notte. E tanto più ti stanchi al lavoro, tanto più ti ritrovi con la cera di un caffè annacquato quando riuscirai a trovare tempo per riposarti. E allora sarai così stanco che alle cose che non ci dormi la notte non hai proprio la forza di pensare, così ti metti a dormire e riesci a svegliarti in maniera decente.

       L’altra mattina ho studiato tanto. Ho mangiato un po’, non troppo perché non avevo fame, ho visto la partenza della Formula 1 e mi sono messo a letto con gli occhi chiusi ad ascoltare Gianfranco Mazzoni vomitare commenti per la partenza del Gran Premio di Silverstone. Poi mi sono addormentato quasi subito e mi sono svegliato un’oretta dopo.

       Erano tre mesi che non dormivo così bene.

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