Non ho mai
capito come mai i miei coetanei vivono il momento del risveglio così
dolorosamente. Tutti quelli che conosco e che ho conosciuto mi hanno sempre
parlato di una vera e propria fatica di svegliarsi, di un torpore difficile da
vincere, del dolore lancinante agli occhi quando accendono la luce, della
sensazione di galleggiare in un barile di olio. Mi sono da sempre svegliato
senza fatica, alzato dal letto come da una sedia, soddisfatto del mio sonno e
sentito il mio corpo attivo come chi ha appena preso un caffè.
Sono passati
diversi anni così, finchè un giorno anche io mi sono svegliato male. Anche io
appena sveglio ho avuto gli stessi sintomi da sopravvissuto in una catastrofe
nucleare, gli occhi appannati, il dolore della luce e tutta quella roba lì. In
quel momento ho capito l’importanza del caffè, da quel momento per svegliarmi
ho avuto bisogno di un appoggio concreto. Non ne capivo il motivo, ma di colpo
era così e non più come era prima.
Nelle mattine a
studiare per questo fottuto esame orale, tra un libro e l’altro, non vedevo
l’ora che fosse pronto da mangiare per poter avere il tempo, dopo mangiato, di
andare a dormire. Neanche questo mi era mai accaduto, come altrettanto
stranamente accadeva che, dopo il pranzo, quell’oretta che prendevo per
riposare in realtà mi stressava più di ogni altra cosa. Con tutto il
ventilatore acceso, non facevo che rivoltarmi nel letto, sudare dalla schiena,
cambiare posizione, sudare dalle ascelle, cambiare ancora posizione, sudare
dalla pancia, sudare dal naso, sudare dalla fronte finchè il sudore non era
così tanto da passare attraverso le sopracciglia e arrivare a bruciarmi gli
occhi. Quando, inutilmente, dopo un’ora la sveglia suonava, ero più stanco di
prima e costretto ad aprire di nuovo i libri, ad aspettare la sera per
riposarmi e, anche di sera, rivivere tutto quello che era successo a
pomeriggio. Roba da tossici in astinenza.
Il bello è che
per l’esame non ero affatto preoccupato. Non lo sono mai stato, non era l’esame
il problema. Il problema era la fatica di prendere sonno e di svegliarsi. Credo che sia questa la vita dei grandi:
avere una giornata di merda in cui lavorare in funzione del momento di riposo,
avere il momento di riposo in cui non è possibile riposarsi, finire il momento
di riposo e ricominciare a lavorare in attesa del prossimo momento di riposo.
Non posso
negarlo, è tutta colpa dei brutti pensieri. Tutta colpa di quelle cose che se
ci pensi non ti fanno concludere un cazzo. E non solo, ma quando ci pensi non
ti lasciano proprio più, non ti fanno concentrare su nient’altro che quelle
cose. Le cose che non ci dormi la notte.
Ecco, credo che
serva a questo trovare un lavoro, in sostanza. Trovare del tempo in cui avere
qualcosa da fare per non pensare durante il giorno a quelle cose che non ci
dormi la notte. E tanto più ti stanchi al lavoro, tanto più ti ritrovi con la
cera di un caffè annacquato quando riuscirai a trovare tempo per riposarti. E
allora sarai così stanco che alle cose che non ci dormi la notte non hai
proprio la forza di pensare, così ti metti a dormire e riesci a svegliarti in
maniera decente.
L’altra mattina
ho studiato tanto. Ho mangiato un po’, non troppo perché non avevo fame, ho
visto la partenza della Formula 1 e mi sono messo a letto con gli occhi chiusi
ad ascoltare Gianfranco Mazzoni vomitare commenti per la partenza del Gran
Premio di Silverstone. Poi mi sono addormentato quasi subito e mi sono
svegliato un’oretta dopo.
Erano tre mesi
che non dormivo così bene.
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