sabato 19 maggio 2012

Vecchiaia.

   Sono sempre stato curioso verso il mondo. Le cose oltre i confini, anche politici, mi hanno sempre affascinato. Sapere cosa succede fuori, fuori dall'Italia, nel mondo, anche fare piccoli viaggi in macchina, passando da una regione all'altra. Mi ricordo lo stupore nel vedere per la prima volta il segnale sull'autostrada che segnava il confine tra due regioni. Mi chiedevo se era proprio quello, proprio quello segnato dal cartello il punto esatto in cui qualcosa finiva e ne iniziava un'altra, possibilmente diversa da quella a cui ero abituato. Cambiare realtà, cambiare punto di vista. Era questa la cosa più affascinante, da bambino.


   Gli eventi importanti, quelli grossi, ti fanno uscire in un secondo dalla tua realtà. Ti prendono, ti sollevano di peso e ti portano da un'altra parte in cui, un momento prima, non avresti mai aspettato di trovarti.


   Un pomeriggio stavo guardando i cartoni in tv, poi mi sono annoiato e sono andato a giocare al computer. Giocavo a The Sims, era divertente quel giochino. Si era fatto tardi, così spengo il computer e vado sul divano ad accendere la televisione. Un po' stravaccato, un po' stanco, accendo e fanno il telegiornale sul due. Vedo due torri cacciare tanto fumo e delle immagini mostrare tanta gente che corre, persone ricoperte di cenere e polvere. Gente piena di sangue, qualcosa che mai avevo visto prima. Era morta un bel po' di gente ed io, nel momento esatto in cui stava accadendo, giocavo a fare dio al computer.


   La bocca mi si apre, non me ne accorgo nemmeno. Arriva mio padre, anche lui guarda come me. E una sola domanda mi salta in mente, insieme ad uno strano brivido lungo tutto il corpo. "E ora? Che succede?". Non riuscivo a staccarmi dalla televisione, a vedere quella gente. Terrorismo, neanche quello avevo mai sentito. Una parola dal suono molto forte, terrorismo. Sembra il rumore del torrone masticato in bocca, terrorismo. 


   Poi il tempo è passato, l'allarme terrorismo si è alzato. I treni di Madrid, la metropolitana di Londra. A quelli in Iraq ormai ci si era fatto il callo, ma quelli in Europa, le bombe in Europa erano le scene di sangue in televisione, le sirene, i poliziotti con il giubottino giallo, le ambulanze, la gente che corre. Proprio tutto sotto casa tua, insomma. In Inghilterra, dico, in Spagna, che ci arrivi in due ore e nemmeno.


   Un giorno a scuola, andava tutto bene. A parte i corridoi un po' vuoti, visto che in città c'è una manifestazione strana che non ho capito di che si tratta. Io scherzo e cammino per i corridoi con un mio amico a ricreazione. L'atmosfera è quasi surreale, ma quasi non ci faccio caso. Arrivo in classe e mi dicono che è morta una ragazza in una scuola. É esplosa non appena è scesa dalla corriera. Se l'è mangiata una vampata di fuoco.


   Questa volta è diverso. Non è come Londra, Madrid. No. Non questa volta. Questa volta sono io, che ho 17 anni, e un pugno mi accartoccia dentro. Vai a scuola e muori. Così. Questa volta mi aveva preso molto più di sorpresa delle altre. Questa volta la bomba avevo imparato a conoscerla.


   La bomba invecchia le persone. Nel momento in cui esplode, tanto più ci sei vicino, tanto più ti invecchia. Ti porta avanti nel tempo, come se la morte venisse e ti spingesse in avanti mentre cammini tranquillo. C'è chi se la trova davanti agli occhi, di colpo. C'è chi di colpo la bomba se la trova sotto le scarpe, e la bomba lo invecchia così tanto che non vive più.


   La bomba ha colpito proprio tutti. Stanno tutti zitti zitti, senza dire niente. Il professore tutto d'un pezzo si è sgretolato. Il professore che ha sempre qualcosa da dire, ha sempre la risposta a qualunque domanda, sa sempre cogliere la palla al balzo, non sa cosa dire. "Non era mai successo niente del genere." dice.


   Respiro. Respiro piano, respiro a lungo. Era solo Agosto quando mi dicevo che i 17 anni li avrei dovuti vivere al massimo, prima dei 18. I 17 anni sono strani. Ti fanno fare cose che non hai mai fatto, tutte prima dei 18, prima di passare la porta che dà sul mondo dei grandi. Quando hai 17 anni devi sbrigarti, che i 18 stringono, arrivano sempre più in fretta. I 17 sono pieni di quella gioia di fare, di muoversi, di correre, voglia di respirare quell'aria unica che non potrai più respirare. I 17 sono quelli del "dai dai dai, che sennò chiude!". I 17 sono l'ultima sigaretta.


   Quando mancavano solo quattro mesi ai 18, mi dicevo che in fondo mancava ancora abbastanza, abbastanza per stare ancora tranquilli, per giocare tranquilli. Poi di mesi ne sono mancati tre e mezzo, ma ancora c'era tempo per giocare. Adesso mancano quasi tre mesi. Respiro. Butto fuori l'aria, tiro dentro l'aria. Respiro ancora. Chiudo gli occhi.


    Apro gli occhi e sono più vecchio di tre mesi.

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