martedì 24 febbraio 2015

Scemaggine.

     Detto tra noi, finchè uno è scemo e sguazza ignudo da solo nella sua scemaggine ridendo della sua condizione e richiamando altre persone ad accompagnarlo, è sufficiente non dargli troppa retta ed osservarlo da lontano mentre si riunisce insieme ai propri simili, inseparabili compagni di avventure torbide e inenarrabili. Non sono gli scemi in sè ad essere un problema.
     Il vero problema è negli scemi in borghese. Circolano tra noi, sono agenti della scemaggine che si esercitano in tutto e per tutto a sembrare identici alle persone normali. Ad un tratto iniziano a dire cose strane, ed è lì che si palesa il primo segnale di una natura repressa che cerca di venir fuori disperatamente. Ad un certo punto, questa natura viene fuori, la scemaggine chiama impellente e lo scemo si spoglia di tutti i suoi abiti normali per sentirsi libero di essere scemo.
     Corre come un forsennato verso le pozze di scemaggine gridando parole di giubilo. Ecco, è qui la tragicità di questa dinamica: nella corsa degli scemi, c'è sempre qualcuno che, accidentalmente, viene travolto. Qualcuno che, ignaro, si era solo fermato a controllare una cosa, si era fermato ad allacciarsi le scarpe. Basta un attimo solo per ritrovarsi immerso nella scemenza, circondato da figure umane ubriache di gioia assoluta.
     Agli scemi non importa di averlo trascinato nella pozza con loro; è stato un evento accidentale, non è importante. Quello che è importante è che, magari, per colpa di quello scemo lì, quell'ignara vittima ha perso l'ultimo autobus per tornare a casa dopo una giornata di lavoro.
     Ed ecco che viene fuori un'innegabile verità di fondo: il destino di chiunque è intrinsecamente legato ai suoi sforzi, ma anche alla volontà degli scemi che trova sul suo percorso.

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